Cuba

Una identità in movimento


Il sogno americano di Arturo Sandoval. Il grande musicista cubano-americano tra sovracuti e note "calanti"

Gian Franco Grilli


Una rovente intervista con il trombettista Arturo Sandoval, in occasione dell’unica data italiana del tour europeo 2006

È mezzanotte quando Arturo Sandoval, con un cohiba tra i denti e mentre sistema i suoi bagagli, mi riceve per una velocissima intervista in un camerino-corridoio del Teatro Osservanza di Imola, dove si è appena concluso il concerto del suo gruppo nell'ambito della rassegna Crossroads 2006. Sembra un poco riluttante quando gli chiedo di conversare in spagnolo e subito taglio corto con una delle tante domande che avrei voluto sottoporgli. Ma partiamo con la prima che mi balza in testa, in questa situazione di disagio dovuta al countdown e dall'ambiente, pareti e uomini, poco amichevole.

    G.F.G.: "Tu che con la tromba sai descrivere l'universo musicale puoi dipingermi l'ambiente di Artemisa , la cittadina cubana dove sei nato nel 1949 e dove incomincia il tuo percorso di vita musicale?"

    A.S.: "Artemisa è a 62 km ad est dell'Habana e a circa 100 da Pinar del Río, una realtà totalmente rurale, una vita semplice di campagna tra mucche, maiali e polli, canna da zucchero, tabacco. All'età di 11 anni inizio gli studi musicali".

    G.F.G: "Quindi tra coltivazioni di canna da zucchero, e non campi di cotone, si sviluppa il tuo blues".

    A.S.: "La mia mente è larga e non si relaziona solo ai luoghi dove sono nato. Yo soy ciudadano del mundo y me gusta la música italiana, me gusta la música rusa; tra i miei compositori favoriti ci sono Rachmaninov, Ravel, Debussy, Dizzy Gillespie, e i cubani Ñico Saquito [nome vero Fernández Antonio, autore della guaracha son "Compay gallo"], Ignacio Cervantes, Ernesto Lecuona"

    G.F.G.: "Va bene, ma parlami del jazz a Cuba in quegli anni e come lo scopri".

    A.S.: "Il jazz uno ce l'ha dentro; ma il jazz è una malapalabra per quei tempi, è vietato a Cuba, questa è una delle ragioni perché ho lasciato l'isola".

    G.F.G.: "Dimmi allora, se vuoi, com'è la vita dei cubani a Miami ma soprattutto raccontami dei tuoi colleghi-compatrioti musicisti di Little Havana".

    A.S.: "Miami per me è tutto, è stato il mio grande sogno. Esa ciudad me incanta, me fascina e anche la mia famiglia è felice, e lì vorrei morire".

    G.F.G.: Scusa se insisto, ma il musicista cosa suona, come si confronta con le origini, non è che si perde un poco dell'identità latina, dell'hispanidad, della lingua, visto che l'english e... "

    A.S.: "Tu crees, tu credi? Bene, adesso ti mostro una cosa" [e con fare agitato fruga dentro un borsone per poi mi sbattermi davanti alla videocamera il suo passaporto e furiosamente prosegue con tono arrogante]. "Mira! uno de los días mas felices en mi vida es el día que me dieron este pasaporte. Toma bien clarito allí [riprendilo bene!] Yo adoro los Estados Unidos. I love United States. Is a one of happy's day of my life when this day give me this American passport. En Cuba me metieron preso por tocar jazz. Ahora en los Estados Unidos yo soy dueño de un buen Jazz club, uno de lo más lindos que hay en el mundo, gracias a los Estados Unidos, ok?" [a Cuba sono stato incarcerato per suonare jazz. Adesso negli USA sono il padrone di uno dei Jazz Club più belli del mondo, grazie agli Stati Uniti, ok?].

    G.F.G.: Ma non rispondi alla mia domanda..., entonces?"

    A.S.: "Entonces, se acabó tu entrevista".

Finisce qui l'intervista rovente e quando capisce di aver ecceduto mi concede due minuti per autografarmi diversi LP e Cd, di sua produzione o con Irakere (e di alcuni non ricordava l'esistenza!), che ho collezionato nel tempo da appassionato di sonorità caraibiche.

Avrei voluto parlarvi dei musicisti che oggi spesso lo accompagnano, tra cui il conguero cubano Tomás Cruz, il saxofonista Felipe Luis Lamoglia, il bassista Armando Gola; delle atmosfere caraibiche del concerto, delle melodie che Arturo sa ricreare, della magia a tempo di bolero jazz quando con la tromba gioca tra note soffici e dondolanti sul tema Drume Negrita, ninna nanna cubana e classico della canzone afroispanica di inizio '900 composta dal cubano Ernesto Grenet. Speravo, che dietro le quinte, si concludesse diversamente l'incontro con il jazzista cubano più tenace e tra i più combattivi di quelli in esilio a Miami.

La sua storia ha ispirato anche un film interpretato da Gloria Estefan e Andy Garcia e, credo, sostenuto dagli ambienti anticastristi di Miami. La diaspora è lì, inutile negarla, le ferite non si rimarginano anche a distanza di anni tanto che il massiccio trombettista diventa aggressivo quando parla di Cuba.

Dall'isola se n'è andato definitivamente nel 1990, non con la balsa o la zattera come tanti poveri cristi, ma grazie ai buoni uffici di Dizzy Gillespie, il vero scopritore della nuova generazione di jazzisti cubani, che ha messo le paroline giuste affinché il guajiro (senza offese) di Artemisa, oggi orgogliosamente americano, potesse spiccare il volo verso la libertà. Il volo artistico, invece, era decollato con gli Irakere — lo storico gruppo di latinjazz e precursore della timba diretto dal pianista Chucho Valdés — che parteciparono nel 1978 al Festival del Jazz di Newport, e dove Arturo Sandoval risultò primo nel concorso di note acute sullo strumento, addirittura davanti al campione canadese Maynard Ferguson con il quale spesso verrà comparato per queste ascensioni stratosferiche negli acuti dello strumento.

Arturo non è solo un virtuoso degli acuti, ma si tratta di un musicista completo, in grado di esplorare nella profondità dei registri gravi (anche con la voce quando si diverte con lo scat), sa regalare emozioni con invenzioni liriche su ballad, pur mantenendosi nei registri medi dello strumento. Le cose stanno così: siamo in presenza di un grande artista, diamo quindi a Cesare quel che è di Cesare.

Amichevoli suggerimenti vorrei far pervenire ad Arturo: anche dietro le quinte cerca i toni moderati, soft e allegri; alle domande puoi rispondere ciò che vuoi, ma con garbo; e non vedere dappertutto la presenza di emissari cubani. Io sono un amico della gente e delle tradizioni di Cuba, e vorrei continuare a parlarne (non per business!) rispettando le tue idee e le tue scelte, che in questa veste non mi riguardavano.

Beh, è ora di sdrammatizzare, e permettimi, in sincerità, un allegro ritornello parafrasando Carosone: "tu' vo' fa' l'americano... ma naciste en Artemisa". Hasta luego en Miami en tu Jazz Club! Forse un giorno verrò a visitarlo (www.arturosandovaljazzclub.com).

    Parte di questo servizio verrà pubblicato anche sul mensile JAM

    Gian Franco Grilli
    Giornalista, responsabile del Caribe (Associazione culturale)


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