Cuba

Una identità in movimento


José Martí: un punto di riferimento attuale per il movimento internazionale dei lavoratori

Armando Hart Dávalos


"Maestro, che ha fatto?" è stato il lamento di Rubén Darío[1] al conoscere la notizia della caduta di Martí durante il primo scontro nella guerra che egli stesso aveva indetto ed organizzato alla quale si era unito malgrado non fosse un combattente.

Bisognerebbe vedere il significato di quella frase del grande poeta nicaraguese considerando la sua personale prospettiva, giacché egli vedeva nell'Apostolo cubano la stella irripetibile della creazione letteraria.

Ma il Delegato[2] del Partito Rivoluzionario Cubano[3] aveva un motivo ancora più profondo e più alto che qualsiasi altro si sarebbe potuto invocare, per venire a Cuba e porre la sua stessa vita tra le mani del pericolo.

    "L'uomo di azione — aveva detto lui stesso — rispetta solo l'uomo di azione", e "La ragione, se vuol fare da guida, deve entrare nella cavalleria! E morire, perché la rispettino coloro che sanno morire".

Il più grande pensatore americano che aveva nello spirito la più grande etica umanista è stato un uomo di azione. Questo genio della parola ha affermato con profonda convinzione:

    "Fare è il miglior modo per dire".

Non era un combattente, ma la sua etica lo ha portato al combattimento su questo terreno. Aveva promosso ed organizzato una guerra e per questo si è sentito in dovere di esserlo. Ecco la causa della tragedia di Dos Ríos[4].

Il suo senso pratico si ritrovava nel fatto che doveva insegnare attraverso l'esempio. Era l'unico modo per esercitare una maggiore influenza sul suo presente e per il futuro delle sue idee.

"La morte dei capi" aveva detto con l'eloquenza e la capacità di sintesi che possedeva.

Non perché Martí, come alcuni hanno detto o suggerito, avesse una vocazione al suicidio. Non è che cercasse coscientemente la morte. Il valore della sua eroica decisione sta nel fatto che essa costituiva un'esigenza dell'opera politica e rivoluzionaria che aveva progettato.

Il dramma delle rivoluzioni è stato sempre che gli uomini più necessari, i fondatori ed ispiratori dei grandi movimenti politici e dei lavoratori, sono quelli che, per il loro valore e senso del dovere, per la loro stessa natura di lider, hanno attirato su di se i maggiori rischi.

A Dos Ríos, quindi, il 19 maggio 1895, è sopraggiunta una delle tragedie più care di tutte quelle che il popolo cubano non abbia mai sofferto in tutta la sua storia.

Il rischio, tipico di ogni lotta, lo ha privato del più straordinario condottiero, proprio nel momento in cui si decideva l'essere o il non essere di una nazione indipendente.

Ogni giorno si fa sempre più necessaria l'esigenza di conoscere accuratamente chi è stato l'uomo che Rubén Darío ha chiamato "Maestro", precursore del modernismo nella poesia, considerato tra i migliori prosatori di lingua castigliana della sua epoca, saggista in grado di affrontare, di evidenziare ed identificare tutto ciò che di nuovo veniva rivelato dalla scienza e dalla cultura del suo tempo, distinto critico d'arte e, in primo luogo, promotore del Partito Rivoluzionario Cubano e dell'ultima guerra di liberazione di Cuba.

Noi cubani abbiamo, ancora, un dovere nei confronti dell'America e del mondo, cioè mostrare con maggiore chiarezza chi fosse José Martí, il più profondo ed universale uomo di pensiero dell'America spagnola.

Cintio Vitier[5] lo definisce

    "... il poeta che attrae a sé la storia, il mito della patria incarnato in un uomo".

Ha detto Vitier

    "Poeta nel senso primitivo della parola: creatore e profeta. Creatore nell'unico senso in cui può esserlo un uomo: trasformatore della realtà. Profeta in quanto visionario. Creatore di una rivoluzione immediata, improrogabile per la sua patria, e profeta di una rivoluzione universale".

Per sottolineare come sia giunto ad una comprensione di così lungo raggio e affrontare le sfide che l'America Latina ha, andando verso il secolo XXI, ricordiamo le belle storie su come una tale grandezza si sia sviluppata in questo paradigma della cultura di radice ispanica e come l'ha raggiunta.

Martí ha messo insieme, nella maggior parte dei suoi sentimenti ed idee, il meglio della cultura di origine ispanica, lo ha rielaborato, gli ha conferito carattere americano e ne ha esteso l'universalità. Un aspetto essenziale della cultura della "Nuestra América"[6] è, precisamente, la sua universalità. È fondata sul principio di Martí:

    "... nelle nostre repubbliche venga inserito il mondo; ma il ceppo deve essere delle nostre repubbliche".

È stato un uomo semplice — "Sono buono, e poiché buono / morirò con il viso rivolto al sole", aveva proclamato —, amante delicato e profondo della scrittura e del bello, sensibile ed appassionato alla ricerca della comprensione umana, è stato considerato il precursore del modernismo latinoamericano. Come critico d'arte, nei suoi commenti erano presenti persino elementi precedenti del muralismo in Messico.

Martí è stato il maestro, il giornalista, il militante politico che, in maniera instancabile ha studiato, ha letto e ha scritto su tutto quello che di umano accadeva nel mondo della sua epoca: cronache sull'invasione coloniale francese nel territorio dell'attuale Vietnam, pagine impressionanti che rileggiamo con emozione ed incredulità in relazione all'animo russo, la storia ed i racconti sulle più svariate nazioni d'Europa e del mondo.

È stato il cubano capace di scrivere e descrivere dettagliatamente, nella miglior letteratura castigliana, dagli avvenimenti di Chicago[7] fino alle più rilevanti scoperte scientifiche del mondo che aveva conosciuto. Capace, a sua volta, di scrivere pagine indimenticabili sui personaggi principali della storia, della politica, della letteratura e della scienza.

Lezama Lima[8] ha evidenziato la sua figura esemplare quando ha scritto:

    "... è stata un'ineffabile fortuna per tutti i cubani, che colui che ha apportato le innovazioni del verbo, le sapesse incarnare nella storia. Fu anche una fortuna che colui che ha commosso l'essenza del nostro essere fosse colui che ha rivelato i segreti del fare".

L'eccezionale cubano che è stato José Martí, in tutta la sua grandezza, non è molto riconosciuto e celebrato nel mondo a causa delle grandi lacune informative che, in molti paesi, si hanno sulla ricchezza spirituale e culturale dei popoli d'America.

Molti di quelli che hanno scritto sull'epoca antica ci parlano dei profeti; le religioni hanno elevato alla categoria di santo molti uomini che hanno studiato e previsto l'avvenire o che hanno avuto una vita piena di umiltà, sapienza e visioni del futuro. Martí fu uno di quei profeti che hanno intravisto il futuro e ha studiato l'universo come un qualcosa che dovremmo amare, e la liberazione umana come il più nobile desiderio che possa avere l'uomo sulla Terra.

Il suo carattere e il suo straordinario valore non sono stati il prodotto della sua natura eccezionalmente dotata per la bellezza, l'intelletto e la capacità di azione. L'amore per la giustizia e per la dignità dell'uomo, dei lavoratori, le folgorazioni della sua intelligenza, speciali e multiformi, sono stati stimolati, modellati ed arricchiti dalla cultura che ha profondamente assimilato.

Il suo maestro Rafael María de Mendice — discepolo, a sua volta, di José de la Luz y Caballero[9] — aveva molto presto compreso chi avesse per alunno quando ha ricevuto nella sua casa il figlio di un custode valenciano e di una donna canaria che abitavano in un'umile casetta vicino alle mura che circondavano La Habana coloniale. In Martí il lato migliore e più elevato dello spirito era stato fecondo. Così aveva letto, scritto ed appreso, nell'ambiente più cubano e più colto.

L'insieme delle idee che ha ereditato dai forgiatori Félix Varela, José de la Luz y Caballero e, in particolare, da Rafael María de Mendice, unitamente al vasto patrimonio culturale che ha raggiunto, lo hanno portato a sviluppare ed arricchire le idee politiche e culturali più avanzate del suo tempo. Dei suoi viaggi per il mondo ha lasciato un'ineguagliabile testimonianza nell'opera giornalistica, nella poesia, nella narrativa e, soprattutto, nelle sicure analisi della sua saggistica illuminante e cospicua.

Quando Carlos Manuel de Céspedes[10], Padre della Patria, si alza a La Demajagua il 10 ottobre 1868, Martí aveva appena 16 anni e scrive alcuni versi memorabili nati da un'altissima sensibilità culturale e amore per la libertà.

Con il suo amico intimo Fermín Valdés Domínguez firma una lettera di censura diretta ad un co-discepolo che aveva tradito la causa dell'indipendenza di Cuba. Quest'ultima viene occupata ed entrambi sono arrestati. Martí si incolpa, viene condannato ai lavori forzati e tali segni gli resteranno per tutta la vita. Viene portato alle cave di San Lázaro e da lì alla Isla de Pinos[11], successivamente viene deportato in Spagna. Ha solo 17 anni, ma aveva già appreso abbastanza perché potesse scrivere "El presidio político en Cuba" ("Il presidio politico a Cuba").

Frequentò a Madrid gli studi superiori, che terminarono brillantemente all'Università di Zaragoza. Nella penisola fu testimone di un avvenimento che avrebbe apportato luce alla sua formazione rivoluzionaria: l'insediamento della prima repubblica spagnola, alla quale, nel 1873, ha dedicato dei commenti che furono pubblicati dalla stampa e nel suo lavoro "La Repubblica Española ante la Revolución Cubana" ("La Repubblica Spagnola prima della Rivoluzione Cubana").

Il giro vitale del permanente esilio in cui Martí ha trascorso la maggior parte della vita, ha favorito in lui lo sviluppo del senso dell'universalità. All'uscita dalla Spagna — alla fine del 1874 — è seguito un percorso che ha incluso Parigi e New York, dopo il quale ha posto le radici in Messico, paese in cui è entrato in contatto diretto, per la prima volta, con la popolazione indigena. Quell'incontro sorprendente lo ha portato a dire che finché l'indio non si fosse unito alla lotta per la liberazione dell'America, questa non avrebbe raggiunto la sua piena indipendenza. Fu lì che ha iniziato a conoscere direttamente i paesi che avrebbe chiamato "Nuova America". Arricchisce la sua esperienza durante la permanenza in Guatemala tra il 1877 ed il 1878, dove ha lasciato, a romantico ricordo, quei versi dedicati alla cara bambina:

    "Dicono che morì di freddo:
    Io so che morì d'amore".

E

    "Era la sua fronte, la fronte!
    che più ho amato nella vita!".

Per alcuni mesi ha fatto ritorno a La Habana, dopo che si era conclusa quella che i cubani chiamano la Grande Guerra (1868-1878), conosciuta anche come quella dei Dieci Anni nella quale non solo vennero mostrati i punti di forza di un'epoca di gloria, di eterno ed emozionante ricordo, ma è stata anche messa in evidenza la mancanza di altri uomini e altri metodi per dirigere la futura epopea. Lo scontro bellico richiedeva, inoltre, un genio della politica, un talento intellettuale di livello più alto, un uomo di azione, passione ed immaginazione. José Martí ha incarnato tutto questo.

Dopo questo breve tempo a Cuba viene nuovamente deportato in Spagna. Riesce a tornare a New York passando un'altra volta per Parigi. Dopo alcuni mesi trascorsi nella città nordamericana si trasferisce in Venezuela, nella cui capitale ha avuto residenza e ha acquistato familiarità con il consigliere di Simón Bolívar[12], la personalità che tanto ha venerato e la cui lotta si propose di continuare, si era sentito suo figlio e debitore e aveva scritto emozionato:

    "... di Bolívar si può parlare con una montagna per palco, o tra tuoni e fulmini, o con un manipolo di popoli liberi nel pugno, e la tirannia decapitata ai piedi...!"

In Messico, Guatemala e Venezuela si è messo in relazione con il ricco mondo culturale latinoamericano. Se a Cuba aveva conosciuto il negro, allora condannato dalla schiavitù, in quei paesi era venuto a sapere lo stesso direttamente dall'indio, cosa che non fece altro che riconfermare il suo antirazzismo. Il Messico, in particolare, gli ha offerto il panorama sulle nascenti lotte dei lavoratori per le loro giuste rivendicazioni e ha partecipato anche alla difesa di questi.

Martí ha fatto sue le migliori speranze dei meticci, dei negri, degli indios, dei mulatti, dei bianchi deportati e delle masse lavoratrici i quali, al di sopra di ogni diversità di costume, di lingua o di idiosincrasia, avevano una stessa lotta da scatenare contro vecchi e nuovi comuni nemici e uno stesso avvenire da edificare a favore di tutti: "Sono figlio dell'America: mi devo dare a lei", aveva scritto il Maestro lasciando il Venezuela, nel 1881, diretto a New York, e da questa città aveva continuato la sua crociata in favore dell'unità latinoamericana.

La sua idea di politica era strettamente legata al sentimento umano. Era politico perché profondamente umanista, ed era umanista perché profondamente politico. Tale idea costituisce una delle eredità più belle che ci ha trasmesso. Da qui, per capire le concezioni di Martí, bisogna contare su un radicale pensiero democratico, il suo latinoamericanismo e il suo senso universale.

Martí ha affermato che lo atterriva l'idea di mettere un uomo contro un altro. Comunque, come ha ben detto Roberto Fernández Retamar[13], ha concepito questo scontro in quello che ha chiamato "la guerra necessaria", definizione nata il 24 febbraio 1895 con la lotta sostenuta contro il regime coloniale. È che Martí non era un idealista romantico nello stesso senso in cui molte volte viene utilizzata questa espressione, bensì era un uomo d'azione, che ha organizzato un partito ed una guerra, ed è arrivato a comprendere il fenomeno economico dell'espansione degli Stati Uniti sulla "Nostra America".

Martí non era esclusivamente un uomo di idee, ma il fondatore del Partito Rivoluzionario Cubano, colui che ha lavorato per l'unità dei cubani, l'ideatore della guerra.

Nel ricordare la sua espressione "La patria è l'umanità", viene spontaneo dire che Martí faceva politica per l'umanità. La faceva, con la chiarezza della coscienza dell'universale, la squisitezza dei metodi, la fermezza imprescindibile per le sue mete, una visione estremamente realista per quanto riguarda i pericoli ed i limiti, e con una passione risoluta, serena ed eroica nel superarli. Questa originalissima combinazione di elementi in una mente privilegiata, dalla vasta cultura, con una personalità attraente e suggestiva, lo ha convertito nell'unico cubano in grado di raggruppare e fondere nello stesso movimento, riassumere in uno stesso partito, concretizzare in un solo esercito, tutti li sacrifici fatti dal popolo cubano per l'indipendenza.

Il generale Máximo Gómez[14] ha potuto dire, in una lettera memorabile al generale Antonio Maceo[15], che quella guerra l'avrebbero fatta loro due, ma sarebbe stata la guerra di Martí. Il popolo e la storia hanno riconosciuto nei tre il nucleo centrale della Guerra d'Indipendenza di Cuba e del movimento di liberazione del popolo cubano. Il grande merito storico di Martí sta nell'unire tutti i fattori disponibili per la guerra, organizzarla, renderla possibile e, partendo da ciò, trasmettergli una cultura e una proiezione politica al fine di fondare la Repubblica.

    "Ha messo al servizio della sua causa tutti gli espedienti più affascinanti dell'arte e dell'intelligenza", per dirlo con le parole del poeta Lezama Lima.

Non furono pochi gli ostacoli di ordine interno che il Maestro ha dovuto affrontare per arrivare all'unità, che era tenuto a raggiungere insieme a Gómez e Maceo; e questi due eroi di guerra, con meriti eccezionali, avevano la propria concezione di organizzare lo scontro. Ricordiamo le discussioni del 1884 e la scissione tra Martí, da un lato, e Gómez e Maceo dall'altro. In verità, i due grandi generali non hanno potuto concretizzare la loro idea; successivamente, in pratica, venne presa un'altra direzione, cioè quella di Martí. Aveva detto:

    "Capisco che devo affrontare l'accusa di mettere i bastoni fra le ruote alla Guerra d'Indipendenza".

Ad un secolo di distanza da ciò che devono esser state le discussioni del 1884, e con la mente rivolta ai discorsi di La Mejorana, portiamo oggi nel cuore quell'infinito rispetto e quell'ammirazione che Martí nutriva per Gómez e Maceo.

Aveva superato e studiato, dettagliatamente, gli impedimenti sociali che avevano ostacolato la Guerra del '68 a Guáimaro[16]. In Gómez e Maceo non c'erano quei germi dello spirito partigiano che hanno portato la prima guerra verso il Patto della Roggia. Tuttavia, nelle discussioni de La Majorana[17] esistevano ancora in quei giganti della storia, i residui di quelle vecchie questioni. Rattrista riconoscere che questo fu l'ultimo incontro tra Antonio Maceo e José Martí.

Il pensiero martiano divenne molto più profondo e di un carattere diverso rispetto a quello prevalente nell'Assemblea di Guáimaro[18]. Le relazioni sul parlamentarismo e sulla pratica politica dei partiti negli Stati Uniti lo spiegano. Non appariva, neanche lontanamente, il civilista romantico dei primi mesi della Guerra dei Dieci Anni.

Incanalare la guerra attraverso il canone politico era l'unico modo per vincerla. Bisognava cercare forme concrete per organizzare l'esercito e, inoltre, i mezzi per sostenerla ed estenderla a tutto il territorio; per far ciò era necessario unire le volontà in uno stretto insieme e sotto un'unica direzione. È qui che l'audacia del suo pensiero ottiene il più grande rispetto. Per questo fine, aveva fondato ed organizzato il partito dell'indipendenza, aveva realizzato il programma ultra-democratico ed anti-imperialista e era fiducioso che questo fosse la forza spirituale del futuro.

Martí voleva che la guerra venisse diretta secondo il criterio politico, "con tutti e per il bene di tutti", e per far ciò metteva in azione il suo pensiero previdente ed il suo forte senso pratico. Accusato di ostacolare formalmente la guerra, in realtà lavorava per avere a disposizione tutti i metodi per renderla possibile e popolare e, soprattutto, cercava di dare alla lotta armata un insieme di ideali e l'organizzazione politica adeguati per mantenere, nella vittoria, quel principio democratico che la ispirava.

Di guerre d'indipendenza contro i poteri coloniali ce ne sono state molte, e molto eroiche in America: da Haiti al Venezuela; dal Messico all'Argentina (a Cuba tra il 1868 e il 1878), ma in nessuno di questi casi tali guerre vennero preparate ed orientate da un partito rivoluzionario. Il Partito Rivoluzionario Cubano è il primo creato in America, e forse nel mondo, al fine di organizzare e condurre una guerra anticolonialista e d'indipendenza. La novità di questo fatto basta da sola a spiegare le perplessità che nacquero.

La lotta per l'indipendenza di Cuba non solo è stata innalzata contro il colonialismo spagnolo, ma anche, ed essenzialmente, contro gli eccessi del Nord[19].

Un fatto importante, nella creazione del Partito Rivoluzionario Cubano, è costituito dal ruolo che svolsero i lavoratori del tabacco cubano emigrati a Tampa e Cayo Hueso[20]. Gli amici socialisti di Martí gli scrivevano da Cuba riguardo le loro idee. Il Maestro li incoraggiava a continuare studiando le problematiche sociali ed esaltava le loro preoccupazioni. Ma, naturalmente, il compito ed il ruolo di Martí erano altri. Doveva programmare e coordinare la guerra per l'indipendenza di Cuba per bloccare, in tempo, l'espansione yankee nel resto d'America.

Martí ha ottenuto le indicazioni e la cultura necessarie per marciare in direzione del colosso del Nord, allora in piena ascesa economica ed industriale e nel quale bruciavano le correnti universali più contraddittorie del pensiero di quell'epoca. Si reca negli Stati Uniti per continuare il suo pellegrinaggio a favore dell'amata isola. E lì ha la conferma che a Cuba e nelle Antille sta la chiave del destino del Nuovo Mondo.

Il decennio tra il 1880 ed il 1890 è stato decisivo per gli Stati Uniti e determinante per la formazione politica di Martí, che rimase lì tra il 1880 ed il 1895. È stato il paese in cui, dopo Cuba, ha vissuto per più tempo e uno di quelli che ha conosciuto più a fondo. Una collezione dei suoi scritti appare sotto il titolo Escenas norteamericanas (Paesaggi nordamericani).

A proposito del Primo Congresso Panamericano, svoltosi a Washington, Martí aveva avvertito in anticipo, nel 1889, l'attenzione che meritavano gli Stati Uniti riguardo il loro interesse di espandere i domini in America e impossessarsi di Cuba e delle Antille, in questo modo si sarebbero rafforzati di fronte al mondo come potenza, rivelando, già da un secolo, che i popoli americani si dovevano preparare urgentemente ad una seconda indipendenza contro un impero universale.

I due ultimi decenni del secolo XIX, ed in special modo quello degli anni 80, sono stati decisivi per l'ulteriore sviluppo dell'imperialismo moderno e hanno costituito il punto di partenza dei nostri cento anni. Durante i 15 anni in cui Martí ha vissuto in quel paese, venne forgiata la sua coscienza antimperialista e ha denunciato con estrema chiarezza, proprio in quel congresso menzionato e che dette l'approvazione alla strategia di espansione economica nordamericana verso la , la natura del nuovo impero che si stava creando. L'essenza della sua critica a quella società sta nel distacco che è arrivato ad osservare tra lo sviluppo materiale ed i limiti della vita spirituale. Come oggi si può concretamente valutare, questo è il nucleo centrale del dramma e dell'attitudine del progresso capitalista nordamericano rivolto al mondo.

Nessuno ha mai scritto con maggior serietà sulla storia degli Stati Uniti, sui suoi costumi, sulle sue virtù ed i suoi vizi, così come fece José Martí. L'apostolo qui ha raggiunto l'apice del suo pensiero politico e ciò che è importante non è solo l'alto livello culturale e teorico a cui è arrivato, ma, inoltre, la capacità pratica di portarlo a termine.

Vedeva tutto attraverso lo sguardo della scienza e della coscienza, tutto veniva analizzato con amore e col desidero che gli Stati Uniti raggiungessero per vie nobili la loro genuina grandezza e, a sua volta, con l'angustia ed il timore verso il germe che li portava verso l'accrescimento dell'ambizione, dell'ansia di supremazia e dell'egoismo.

Martí, con il suo talento e la capacità nel comprendere le contraddizioni più sottili e profonde della politica e della storia, stabiliva una evidente interdipendenza tra la sovranità delle nazioni del Caribe e dell'America e ciò che esisteva di più legittimo e nobile nella tradizione democratica nordamericana. Di fatto, stava proclamando l'abbraccio tra il popolo di Lincoln[21] e quello di Bolívar, per far ciò era necessario rifiutare le aspirazioni espansioniste della dottrina del "frutto maturo" in virtù della quale il nostro paese avrebbe dovuto entrare a far parte del territorio statunitense, tesi che era inclusa, dall'inizio del secolo, nelle aspirazioni del presidente Monroe[22].

Il metodo politico e culturale martiano riassume il XIX secolo cubano. Martí è stato la sintesi più elevata nella quale si sono fusi il pensiero politico e sociale con le radici del movimento dei lavoratori e di massa; nel quale l'unità della cubanità e la sua forza raggiunsero nella cultura politica una grandezza inimmaginabile.

Naturalmente, Martí è arrivato a questi concetti grazie alla sua enorme sensibilità e al suo talento, e perché aveva vissuto e raccolto l'esperienza dei diversi paesi che avevano nutrito la sua alta coscienza popolare, patriottica e latinoamericana.

José Martí ci ha parlato della necessità di promuovere ciò che ha chiamato

    "... la scienza dello spirito".

Vi posso assicurare che nelle sue analisi al riguardo c'è un enorme arsenale di idee filosofiche, etiche e psicologiche di grande interesse per l'educazione e la politica colta.

La chiave della sua vita come rivoluzionario e come uomo di pensiero, si può trovare nel come, di fatto, aveva strutturato, nel suo carattere e nella sua mente: scienza, coscienza e uomo di azione. E l'ha fatto a partire dalla sua etica, perché Martí era un uomo etico fino al midollo.

Nella cultura di Martí palpitavano il pensiero e la sensibilità cristiane nella loro espressione più pura ed autentica. Aveva detto

    "... sulla croce morì un giorno l'uomo e nella croce deve imparare a morire l'uomo tutti i giorni".

La dignità della sua condotta si può comprendere quando si considera che non era un guerriero, ma a sua volta, era cosciente che la guerra era una necessità reale per l'indipendenza di Cuba, e comprendeva di dover insegnare con l'esempio. In ciò sta l'essenza della sua virtù educativa, la prova definitiva della conseguenza della sua vita e la ragione ultima della sua tragedia.

Il suo catalogo dei martiri ha messo in risalto per sempre l'ideologia cubana insieme all'insegnamento del suo sacrificio. Non si tratta di un romantico estraneo ai processi reali con i quali va avanti la vita dell'uomo e della società. Il valore di questa eredità si trova nel fatto che non c'è un popolo capace di andare avanti e conquistare la sua indipendenza e assicurarsi la libertà, senza il marchio etico che presuppone l'unità tra l'ideale di redenzione umana e lo sforzo per raggiungerlo. Nella sua cultura palpitava il dramma sociale dell'umanità.

Più di cento anni dopo la morte di José Martí, la lezione della sua vita acquista per i cubani una nuova dimensione. Ad un secolo dalla sua caduta in combattimento, egli viene riscoperto con maggior chiarezza e si ha una maggior comprensione del suo significato universale. L'umanità di questi anni di fine millennio ha bisogno di nuovi paradigmi, e Cuba ha il suo.

Chi ha sostenuto che la schiavitù degli uomini è il più grande dolore del mondo, sapeva votarsi alla causa umana e aveva, nella sua immensa sapienza, una forte carica di bontà, che per i cubani è la più nobile dei sentimenti umanisti e il pensiero più alto e trasparente dell'età moderna, non in modo esclusivo e retorico, ma nel significato universale dell'umanesimo dei poveri che è presente nella miglior tradizione popolare dell'America Latina.

Martí é stato, in primo luogo, un patriota appassionato, questo tratto essenziale del suo carattere ha demarcato la sua personalità e si è manifestato nelle più diverse e apparentemente contraddittorie forme del suo agire concreto e della sua cultura enciclopedica e profondamente umanista. Sebbene non lo esprimesse allo stesso modo che un filosofo europeo — non aveva neanche un motivo per farlo — il suo pensiero ed il suo agire appaiono come un tutt'uno.

Sarebbe un errore separare l'autore dei "Versos Sencillos"[23] ("Versi Semplici"), e precursore del modernismo latinoamericano, dal politico che possedeva l'arte di comandare nell'accezione più lontana da quella negativa — tutti i generali e gli ufficiali della Guerra Dei Dieci Anni[24]. La sua più grande peculiarità sta nell'integrità che tutti questi componenti hanno acquisito nella sua persona. Se si conta che non aveva partecipato direttamente alla Guerra del 68 e si considera — come lui stesso aveva detto — che "l'uomo di azione rispetta solo l'uomo dei fatti", e che "fare è il miglior modo per dire", si comprenderà a che livello di creatore del lavoro politico, di talento ed immaginazione ha dovuto innalzarsi, e lo ha raggiunto grazie alla perfezione in cui si sono presentati tutti gli elementi della sua ideologia e dell'azione.

Questa capacità di sintesi tra idea ed azione non l'ha ricevuta come dono divino né, esclusivamente, per la sua eccezionale intelligenza. Questa virtù non costituisce un fatto isolato, è parte sostanziale della cultura che ha ricevuto. In fondo a questa integrità c'è una parte etica che è il marchio indivisibile della sua azione politica. Non è sorto in modo spontaneo, è il prodotto della sua cultura. Senza di questa è impossibile fondere in una sola persona delle capacità così diverse.

La sua etica, la sua sensibilità artistica e il suo valore politico sono molto uniti alla vocazione pedagogica e alle capacità di giornalista ed al suo saper esporre fatti ed idee. Chi ha letto "Los zapaticos de rosa" ("Le scarpette di rosa") o i versi immortali A mis hermanos muertos el 27 de novembre (Ai miei fratelli morti il 27 novembre) e li metta in relazione con la sua instancabile curiosità per i comportamenti delle persone più semplici durante le sue visite di Playitas[25] a Dos Ríos, potrà osservare che non c'è un Martí poeta, un Martí maestro, un Martí combattente, c'è un solo Martí: Martí uomo. Chissà se questa sintesi ha dato origine all'espressione di Gabriela Mistral[26] nel caratterizzarlo come

    "... l'anello più alto della Nostra America cosmica".

Martí aveva portato, su una scala diversa e superiore, il più alto grado di umanesimo che il Rinascimento europeo aveva elevato al grado di ideale.

Nella storia nazionale, quando il legame etico e patriottico si fonde con il talento e l'immaginazione artistica, si produce il miracolo del genio creatore. Ciò vuol dire chiamarsi Heredia, Lezama, Guillén[27] o Carpentier[28], e quando raggiunge una dimensione umana e politica più alta, siamo alla presenza di José Martí.

Nella letteratura di Martí troviamo il legame patriottico e la bellezza della sua magica parola inseriti in un'identità, che lo fa dialogare con la scrittura e dire:

    "Verso, o ci condannano insieme o ci salviamo entrambi".

In questa affermazione c'è il segno incancellabile della rappresentazione della cultura cubana.

In "Yugo y estrella" ("Giogo e stella") l'immagine poetica assume una dimensione filosofica ed etica con la forza dell'universalismo che lascia l'anima sospesa e riusciamo ad accettare ciò che oggettivamente siamo, parti della lunga evoluzione della storia naturale. Si arriva, nella nostra insignificante individualità, a sentire come sacro dovere quello di continuare a lottare per fare un passo avanti nella storia sociale dell'uomo.

Questa tesi lo porta verso il pensiero pedagogico, è il suo stesso substrato. Lo ha ricevuto dalle idee educative del maestro del suo maestro Luz y Caballero e l'ha fatto ascendere ad una scala ancora più alta. Gli stimoli all'intelligenza creatrice e la premessa dei nobili sentimenti che trovano fondamento nei principi etici, ripresi ed esaltati dalla sua cultura di radice cristiana, erano, nella sua formazione, uniti alla relazione che ha avuto con lo studio e con il lavoro. Secondo lui, una sezione doveva essere dedicata alle lezioni in aula e un'altra al lavoro.

La sua formazione era quella della cultura dell'intelligenza e quella di far germogliare, partendo dalla vocazione sociale dell'uomo, i più nobili sentimenti. Distingueva, e a volte poneva in relazione, l'istruzione e l'educazione. Apprezzava quella non esclusivamente tale, che fosse una via verso l'educazione. Rifiutava la ripetizione meccanica e l'insegnamento mnemonico.

Ha amato e seguito il pensiero pedagogico di Luz con un senso di profonda devozione e fervore insuperabili. Ecco in che modo la sua pedagogia ricercava un'educazione e una cultura aperta e non chiusa in un sistema. Luz, il silenzioso fondatore, come lo aveva qualificato Martí, aveva annunciato nella sua didattica:

    "Tutti i metodi e nessun metodo, ecco il metodo". In Martí le idee filosofiche e pedagogiche erano caratterizzate dalla non sottoscrizione a nessuna determinata scuola, ma, meglio ancora, erano caratterizzate dal principio: "Tutte le scuole e nessuna scuola, ecco la scuola".

Con questa formazione il mondo si apriva all'infinito panorama della pratica, ciò non vuol dire che si allontanava dai canoni, tutto il contrario; questi ultimi vengono sintetizzati in obiettivi veramente concreti: l'indipendenza di Cuba, la sua vocazione per l'universale, il suo amore per la giustizia come "sole del mondo morale" e, pertanto, l'amore per la piena dignità dell'uomo come prima legge della Repubblica.

Martí appartiene a quella linea di pensiero, di profonda radice popolare nella , che conferisce singolare importanza all'educazione e alla cultura nella trasformazione rivoluzionaria e morale della società. "Essere colti per essere liberi" non è un pensiero isolato; sta al centro dell'ideale di Martí. Una tale classificazione fa parte dell'essenza dell'insieme degli ideali latinoamericani, che può essere forse l'apporto principale della al pensiero universale. E non è che abbia smesso di essere presente nell'evoluzione delle diverse culture, è che acquisisce una speciale singolarità nella grande patria latinoamericana.

In pochi passaggi della sua opera Martí fa riferimento alla dottrina di Karl Marx. Comunque, questi meritano uno studio minuzioso. In particolare ce ne sono tre dei quali suggeriamo l'analisi. Il primo, il famoso commento a proposito del tributo che, a New York, venne reso a Marx; il secondo, la nota fatta al libro "La futura esclavitud" ("La schiavitù futura"), di Herbert Spencer; terzo, la lettera a Fermín Valdés Domínguez, del maggio 1894, che suggeriamo anche ai ricercatori, che confermeranno il genio del Maestro e l'immenso bagaglio culturale di cui dispone il nostro paese.

È evidente che Martí non è rimasto indifferente al grande dibattito di idee intorno agli ideali dei lavoratori e del socialismo. Riferendosi specificatamente all'ideale socialista, aveva mostrato grande ammirazione e rispetto

    "... per quelli che cercano per ogni dove un segnale più giusto nell'ordine della giustizia nel mondo".

Specialmente

    "... per quelli che si sollevano in nome degli interessi dei poveri".

Secondo l'eroe nazionale di Cuba, Marx meritava onore perché si era messo al fianco dei deboli. Per lui non è stato solo

    "colui che ha smosso in maniera gigantesca la collera dei lavoratori europei, bensì osservatore profondo delle ragioni della miseria umana".

Nonostante tutto, Martí mostra preconcetti sulle "letture straniere, confuse ed incomplete", e aggiungeva che "l'idea socialista, come tante altre", poteva essere sostenuta dagli opportunisti, i settari e da gente mossa da interessi meschini. Aveva messo in relazione questi mali possibili con l'intolleranza. Si era così espresso a proposito delle idee socialiste che venivano professate da Fermín Valdés Domínguez:

    "... dare spiegazioni sarà il nostro lavoro, semplice e profondo, come tu saprai fare".

"L'eroe di Dos Ríos" comprende e analizza gli argomenti di Spencer nel suo libro; valuta e soppesa le sue tesi. Martí non aveva scartato, perché infondati, gli argomenti di Spencer nel senso che i processi socialisti avrebbero potuto creare burocrati ed impiegati. Non lo aveva attribuito all'ideale socialista. Se studiamo con attenzione i suoi commenti, osserviamo che lo attribuiva agli errori e alle passioni umane. Per l'Apostolo i pericoli che erano insiti in questi processi si dovevano imputare a fattori umani e culturali. Ma aveva criticato Spenser anche per non aver denunciato la schiavitù reale a cui erano soggetti i lavoratori inglesi.

Ugualmente aveva rifiutato le formule estremiste dell'anarchismo, aveva avvertito contro l'egualitarismo e era arrivato a pianificare con rigore la questione della disuguaglianza delle capacità tra gli uomini. Come rimedio, aveva proposto la crescita dell'educazione e il rafforzamento dell'interesse sociale come principio reggente della società. Ciò, per proteggere i meno capaci. Aveva sottolineato che il segreto dell'umanità sta nella capacità di associazione. È un'altra delle chiavi della sua filosofia.

È evidente che non si può trovare, esclusivamente, per questa strada una definizione del pensiero di Martí. Ma egli riuscì a porre il problema dei lavoratori e della disuguaglianza sociale con termini ben radicati e coerenti. È chiaro che la ricerca della soluzione di tale problema è un punto centrale del suo insieme di ideali.

Tutto ciò è poesia, filosofia, è etica, è scienza. E questa sintesi è l'unica formula per raggiungere un rinascimento letterario che risponda alle necessità materiali e spirituali di un mondo che oggettivamente è divenuto ogni volta sempre più universale.

L'umanesimo rinascimentale del XV secolo, quello degli enciclopedici del XVIII secolo e le conclusioni raggiunte nei cento anni passati e presenti, costituiscono validissimi precedenti. Ma all'inizio del Terzo Millennio della nostra era risultano per se stessi insufficienti. Abbiamo bisogno di un umanesimo perfetto, armonico e limpido, che si comprometta intensamente con la redenzione definitiva della nostra specie. Dovrà essere questo l'umanesimo del XXI secolo. Il vigoroso tessuto della cultura iberoamericana alla quale Martí apporta contributi decisivi, può arrivare a significare una delle chiavi maestre dell'umanesimo di cui hanno bisogno i prossimi cento anni. Nel pieno della grave crisi etica che sta soffrendo una civiltà esclusivamente tecnologica e scientifica, per superarla, dobbiamo porre l'accento utopico e il sentimento spirituale dell'America iberica.

Si tratta di accettare la storia della cultura dalle epoche più remote fino a questo inizio millennio, di modo che i nostri impegni si nutrano dell'intelligenza, della tenerezza, dell'immaginazione, della poesia e dello spirito solidale e associativo che è nascosto in ogni genuina creazione umana e rimangano sepolti l'odio, gli abusi, i deliri, le ingiustizie e le terribili follie che anno impedito all'uomo di raggiungere la felicità nel regno di quaggiù.

Martí ci esorta a recuperare ed esaltare, senza dogmi né pregiudizi, difendendo gli interessi più sacri dei poveri che sono coloro che soffrono di più, tutti questi valori spirituali senza alcuna eccezione. Ci invita a disporli lungo l'arco della storia dell'uomo, ognuno nel posto che risulta più utile ad intraprendere il cammino della redenzione definitiva.

Nessuno verrà escluso, nessuno rifiutato. Non ci sarà nessun valore che andrà perduto e nessun eroismo verrà lasciato senza essere riconosciuto. Non ci sarà nessuna tragedia o malignità che vengano tenute nascoste, né alcuna ingiustizia da denunciare che venga dimenticata. Non ci sarà empietà neanche per l'empio. Non ci sarà nessun giusto che non venga esaltato. Tutto sta nel fatto che con la bussola del suo pensiero, con la guida del suo eroismo e del suo esempio, sappiamo comprendere la sintesi di scienza ed amore, che è presente nella cultura di questa figura eccezionale, colui che la coscienza della , presente nella sensibilità poetica di Gabriela Mistral, ha caratterizzato come l'uomo più puro della razza.

Il suo avvertimento, che fa rabbrividire, risuona nell'affermazione:

    "...un errore a Cuba è un errore in America; è un errore nell'umanità moderna".

Cuba non commetterà quell'errore. È un fatto che l'età moderna abbia avuto inizio nelle terre bagnate dal Caribe. Oggi si parla di post-modernismo, ma questo non sarà realmente una conseguenza e non aprirà un nuovo cammino per l'umanità se non si superano radicalmente le ingiustizie sociali che sono venute ad imporsi crudelmente nella storia dell'uomo.


    Note

    1. Rubén Dario: Poeta nicaraguense, principale esponente del modernismo.

    2. Delegado: incarico dirigenziale del Partito Rivoluzionario Cubano.

    3. Partito Rivoluzionario Cubano: partito creato da José Martí per coordinare e dirigere la guerra d'indipendenza di Cuba.

    4. Dos Ríos: nome del luogo, nell'oriente cubano, dove José Martí cadde in combattimento di fronte all'esercito coloniale spagnolo, il 19 maggio 1895.

    5. Cinto Vitier: importante poeta contemporaneo cubano e uno dei principali studi di José Martí.

    6. "Nuestra América": termine con il quale Martí si riferisce all'America Latina.

    7. Suceso de Chicago: si riferisce alle proteste operaie avute luogo in questa città statunitense verso la fine del secolo XIX.

    8. José Lezama Lima: uno dei più grandi scrittori cubani di lingua spagnola del secolo XX, autore, tra le tante opere, della famosa novella "Pasadiso".

    9. José Luis Caballero: (1800-1862) Uno dei primi pensatori cubani.

    10. Carlos Manuel de Céspedes: Colui che diede inizio alla Prima Guerra d'Indipendenza dalla Spagna. Nonno della scrittrice Alba de Céspedes.

    11. Isla de Pinos: attuale Isla de la Juventud, seconda in dimensioni dell'Arcipelago cubano.

    12. Simon Bolivar: Proselite dell'Indipendenza Latinoamericana.

    13. Roberto Fernández Retamar: Poeta e saggista cubano attualmente Presidente della Casa de Las Américas, importatnte istituzione culturale del continente.

    14. Máximo Gomez: Uno dei principali lider della Guerra d'indipendenza cubana, domenicano di nascita.

    15. Antonio Maceo: detto il Titano di Bronzo. Una delle principali figure della Guerra d'Indipendenza cubana.

    16. Guáimaro: Località cubana.

    17. La Mejorana. Località cubana.

    18. L'Asseblea di Guáimaro: Assemblea Costituente della Repubblica in Armi.

    19. Si riferisce agli Stati Uniti d'America.

    20. Tampa y Cayo Hueso: Località del Sud degli Stati Uniti.

    21. Abraham Lincoln.

    22. Monroe: Presidente statunitense fondatore della dottrina imperialista statunitense che pretendeva che tutto il continente americano rimanesse sotto il controllo degli Stati Uniti.

    23. "ersos Sencillos" uno dei libri di poemi scritti da Martí. I "I Versi Semplici" sono stati considerati dai critici uno dei più alti esempi della letteratura in lingua spagnola del XIX secolo.

    24. Guerra dei Dieci anni: la Prima della Tre Guerre d'Indipendenza di Cuba dalla Spagna.

    25. Playitas: luogo della parte orientale dell'isola di Cuba dove è sbarcato José Martí quando è arrivato a Cuba clandestinamente per iniziare l'ultima Guerra d'Indipendenza dalla Spagna.

    26. Gabriela Mistral: Rilevante poetessa cilena.

    27. Nicolás Guillén: Poeta nazionale di Cuba.

    28. Alejo Carpentier: Il più importante novellista cubano, Premio Cervantes della Lingua spagnola e autore tra altre opere del "Siglo de las Luces" e "Los pasos perdidos". Considerato uno dei pilastri della nuova letteratura latinoamericana del XX secolo.





http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=171
http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=171&artsuite=1
http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=171&artsuite=2


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

© 2000-2009 Tutti i diritti riservati — Derechos reservados

Statistiche - Estadisticas