Cuba

Una identità in movimento


Haidi Giuliani, una piccola grande madre con un cuore immenso / Haidi Giuliani, una pequeña gran madre con un corazón inmenso

Ida Garberi


Italiano

"Madri, nelle vostre mani
avete la salvezza del mondo".
(Leon Tolstoy)


Haidi GiulianiQuando è successa la tragedia, il 20 luglio 2001, io non vivevo in Italia, stavo già vivendo a Cuba, e comunque sono rimasta annichilita dalle immagini trasmesse dalla televisione locale.

A Genova, nell'ambito delle manifestazioni di protesta contro il vertice del G8, organizzate dal Genoa Social Forum, (che rappresentava un'aggregazione di movimenti, partiti e parte della società civile che contesta la globalizzazione capitalista), il corteo dei "ribelli" viene aggredito dalla polizia e costretto a ripiegare verso Piazza Alimonda.

Improvvisamente una camionetta dei carabinieri si ferma e spunta una mano con una pistola, che prima punta direttamente su un manifestante che si abbassa e riesce a scappare, mentre Carlo Giuliani tenta solo di disarmarla utilizzando un estintore vuoto: la pistola spara due volte e un colpo lo raggiunge in pieno viso.

Oltre a non soccorrerlo, esistono delle registrazioni come testimonianza del fatto che la camionetta passa sul corpo due volte prima di allontanarsi ed un agente gli spacca la fronte con un sasso.

Quando, dopo dieci minuti arrivano le infermiere del Social Forum, il cuore di Carlo, debolmente, batte ancora. Aveva solo 23 anni.

Ho voluto fare questo tragico racconto non per impressionare chi sta leggendo, ma perché tutti possano cercare di comprendere o ricordare cosa è successo ad Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, proprio quel lontano, ma purtroppo ancora vivo e senza giustizia, 20 luglio 2001.

Haidi ha un viso dolcissimo, mentre stiamo chiacchierando nell'hotel dove è alloggiata a L'Avana, ha uno sguardo indefinibile, con un velo di tristezza, ma anche con una grande forza che sprizza energia.

Haidi è una maestra in pensione che avrebbe voluto restarci e occuparsi dei suoi nipoti, come tutte le nonne del mondo, ma un destino oscuro l'ha buttata su tutti i giornali, l'ha obbligata a reagire e difendere la memoria di suo figlio, fare giustizia è un obbligo morale non solo per Carlo, ma per le centinaia di persone che sono morte in situazioni poco chiare, vittime del nostro bel paese, delle sue forze dell'ordine che non pagano quasi mai per gli "errori" commessi.

Oggi, nel 2008, purtroppo non si è ancora fatta giustizia e probabilmente non si farà mai.

Il 5 maggio 2003, dopo quasi due anni le indagini conseguenti la morte di Carlo trovano la loro conclusione. È una conclusione non nuova per chi ha seguito negli anni casi analoghi (manifestanti uccisi dalle forze dell'ordine durante pubbliche manifestazioni): il Giudice per le Inchieste Preliminari ha accolto la richiesta di archiviazione per legittima difesa avanzata dal Pubblico Ministero, formulando un giudizio di assoluzione sull'operato di Mario Placanica (il carabiniere che si è auto-accusato di aver sparato) persino più ampio di quello del Pubblico Ministero: il militare non solo ha agito per legittima difesa, ma ha fatto legittimo uso delle armi.

Per chiarire bene: quello di Carlo è un processo archiviato senza che si sia svolto.

Purtroppo il caso di Carlo è solo uno dei tanti di un lungo elenco che segna, con la sua drammatica scia di sangue, gli ultimi decenni della storia dell'Italia repubblicana.

Tutti questi morti (Ilaria Alpi, Giovanni Ardizzone, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Pinelli, Saverio Saltarelli, Carlo Giuliani. E poi Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Stazione di Bologna, Ustica, per citarne alcuni) hanno un filo comune: la matrice della mano omicida, fascisti, organizzazioni mafiose, singoli elementi delle forze dell'ordine rimasti impuniti.

Troppo spesso i colpevoli e i mandanti degli omicidi non sono stati individuati, e quando individuati sono quasi sempre rimasti impuniti. Un'impunità che diventa totale se limitiamo l'analisi alle vittime per mano delle forze dell'ordine.

Questo è quanto accomuna tutti quei morti; uccisi due volte: nella propria fisicità (in un treno, in una piazza, in un aereo) e poi nella memoria (in un'aula del tribunale).

Proprio per questo Haidi non ci sta a lasciare che tutto caschi nel dimenticatoio, accetta anche di fare politica, non per risolvere un caso di giustizia "personale", ma soprattutto per non dimenticare e non permettere che questo possa tornare a succedere.

Così, nelle elezioni del 2006 si candida per Rifondazione Comunista come indipendente e dovrebbe prendere il posto del senatore dimissionario Malabarba proprio il 20 luglio di quell'anno, in memoria di Carlo.

Il senato accoglierà le dimissioni solo in ottobre del 2006.

L'operato di Haidi da subito non è quello di un politico qualsiasi, si batte per una commissione parlamentare sui fatti di Genova, che purtroppo viene ostacolata e assolutamente bocciata proprio dagli alleati di governo della sinistra radicale.

Questo fatto la lascia con un sapore amaro in bocca, anche se non la ferma: Haidi, al contrario di molti politici italiani utilizza la sua tessera da senatrice non per ottenere privilegi personali, ma soprattutto per avere accesso ai luoghi di detenzione ed occuparsi di quegli ultimi, che il suo Carlo tanto amava.

Quando gli chiedo cosa pensa sulla sconfitta della sinistra alle ultime elezioni, quale sia la responsabilità della dirigenza del partito, se la sua tattica era stata corretta, Haidi confessa di avere avuto qualche perplessità.

All'epoca della campagna elettorale Rifondazione Comunista non si è occupata della base come avrebbe dovuto, non ha cercato di coinvolgere i movimenti sociali (che sono stati prima utilizzati e poi abbandonati) e soprattutto ha spostato dalle loro zone di origine i candidati, presentandoli dove non erano conosciuti.

    "Se un partito comunista non ha attenzione per i più deboli come può dirsi comunista?", afferma Haidi osservandomi fissamente con i suoi occhi azzurri che sprizzano energia.

    "Io ho protestato molto per queste tattiche che effettivamente hanno portato alla grande sconfitta, perché potevano essere impiegate solo per due motivi: o si era davanti ad un'incapacità della dirigenza o era una sconfitta voluta".

Ed io aggiungo, se fosse stata voluta, a chi ha aiutato questa tattica di remare contro? Ancora una volta si sono fatti solo gli interessi di potere e non quelli veri, degli elettori.

Basta pensare alla campagna del giornale del partito "Liberazione" contro Cuba, indetta dal suo direttore Sansonetti, dalla giornalista Nocioni e dai suoi inviati pseudo giornalisti in incognito sull'isola alla ricerca dello scoop dell'anno.

Peccato che, non incontrando la notizia, io so per certo che erano disposti anche a fabbricarla in modi non proprio del tutto legali.

Ed io ripeto, ma Sansonetti non agiva in armonia con la dirigenza? Haidi mi chiarisce che Sansonetti ha sempre fatto di testa sua. Allora, io polemicamente rispondo che comunque hanno finta di non vedere e hanno girato la testa da un'altra parte.

Non è questo un modo per disintegrare una forza politica dall'interno, secondo un sistema famoso dall'epoca dei romani "divide et impera"?

Dopo il congresso di Rifondazione Comunista il messaggio è stato chiaro, ha vinto la mozione n. 1, di Ferrero, cioè quella di un partito in movimento verso la unità di tutta la federazione, per cercare una completa autonomia dal Partito Democratico e fare una vera opposizione al governo Berlusconi.

Su questi fatti Haidi è assolutamente positiva, infatti alla mia richiesta polemica se la sua iscrizione al partito solo dopo il successo di Ferrero è voler sottolineare una differenza con la vecchia direzione mi sorride e risponde:

    "... pur avendo assunto chiaramente posizione nel dibattito tra le mozioni, riconoscendomi nella prima, non volevo che la mia iscrizione potesse apparire in alcun modo una scelta contro mentre vuole essere decisamente per. C'è chi dice che non è possibile risolvere la crisi della sinistra con un partitino che raccoglie i cocci di altri precedenti, ma io sono una vecchia maestra abituata a lavorare partendo dai dati reali e non mi pare che ci siano in giro molte forze attualmente impegnate ad arginare la gravissima deriva di destra. C'è chi auspica un vasto ed eterogeneo movimento di forze auto-organizzate, me lo auguro anch'io ma nel frattempo ho letto dichiarazioni su quanto è bello il nucleare, ho visto arrivare i soldati nelle vie delle città, tanto per fare due esempi, senza un'ombra di opposizione, essendo in quei giorni Rifondazione Comunista chiusa nelle sue stanze, impegnata a discutere del proprio futuro; menomale che sulle impronte dei bambini rom si è mobilitata l'ARCI (associazione culturale ricreativa italiana) e ha fatto qualche dichiarazione la chiesa, altrimenti sarebbero passate sotto silenzio anche quelle. E poi c'è la guerra, con le sue stragi; e la guerra quotidiana del lavoro, con i suoi morti; e la guerra della fame, con i suoi annegati; e la guerra della disinformazione, che uccide i cervelli, e davvero non si può aspettare, non dico un mese ma neppure un minuto di più, per rimboccarsi le maniche e andare tra la gente e lavorare a risvegliare coscienze. Così mi sono iscritta, da sinistra e dal basso che più in basso non si può; anche perché, ora che pare non vada più di moda, ora che più di qualcuno ci considera una specie in via di estinzione, mi piace vedere scritta vicino al mio nome la parola comunista".

Continuo la mia chiacchierata con Haidi per sapere cosa fa a Cuba, perché è qui, che cosa l'ha spinta dall'altro capo dell'Oceano.

Lei mi risponde che è stata invitata da Cuba perché a Camaguey, nel Museo Studentesco Jesús Suarez Gayol, è stato dedicato uno spazio a Carlo Giuliani ed alla sua triste storia, perché non si deve dimenticare, perché le nuove generazioni crescano con il grande valore che è pretendere la giustizia.

E poi mi dicono che sono monotona nel paragonare il mio meschino paese con la grande eroica isola caraibica: ancora una volta, dopo la morte di Ardizzone a Milano e di Fabio di Celmo qui a Cuba, il governo dell'isola non permette ingiustizie nel mondo, si occupa perfino dei figli non suoi, che però sono morti per difendere quegli ideali che insegna da 50 anni il Comandante in Capo.

Ecco, qui abbiamo davanti ancora una volta una Cuba internazionalista, dove le frontiere del cuore non esistono. Haidi mi racconta la cerimonia di inaugurazione della parte del museo dedicato a Carlo e le lacrime rendono umidi i suoi occhi.

Però è solo un attimo, subito sorride e commenta che la sua visita è stata piena di emozioni, certo, a Camaguey c'è stato il momento più forte, ma comunque tutto quello che ha visto qui lo considera di grande rispetto.

Per Haidi è come un grande abbraccio questo riconoscimento cubano, proprio a Carlo che amava profondamente tutti i popoli del sud.

È un'iniezione di conforto, per continuare tutte le sue lotte che incessantemente porta avanti: in questi giorni viene proprio dal Centro America dove ha partecipato ad una carovana per difendere il concetto dell'acqua come un diritto inalienabile ed inviolabile della persona, che non si deve assolutamente far diventare un prodotto del mercato.

Per il caso di Carlo, ha presentato in Europa, insieme agli altri familiari, un ricorso contro lo Stato: da un anno e mezzo è stato accettato il procedimento, però tutto tace, in un silenzio completo.

Ma Haidi non si fermerà, fino a che le sue forze lo permetteranno; la sua energia viene alimentata soprattutto dai gesti di affetto di chi sta soffrendo le stesse ingiustizie.

Il giorno seguente all'intervista, ho l'onore di essere invitata come membro del Comitato Internazionale per la libertà dei Cinque cubani ad un incontro nell'ICAP (Istituto Cubano per l'Amicizia dei Popoli) della delegazione che accompagna Haidi nella sua visita, appartenente all'Associazione di Amicizia ASICubaUmbria, diretta da Serena Bertolucci, con Roberto Gonzalez, fratello di René, uno dei Cinque.

Haidi è stata una delle prime iscritte al Comitato Italiano per la libertà dei Cinque di Franco Forconi ed è una grande sostenitrice della battaglia per sottrarli dalle carceri. Come può restare insensibile davanti ad un altro grande caso di ingiustizia giudiziaria?

È proprio Roberto che stringe forte Haidi al suo petto, e riempie di emozione questa piccola grande donna quando afferma:

    "Cuba non potrà mai dimenticare le immagini di Piazza Alimonda, tutto il popolo cubano è rimasto indignato davanti a tanta atrocità".

Coraggio, Haidi, lo so che non siamo "importanti" e purtroppo il nostro affetto viene da una piccola isola vittima del bloqueo genocida, ma abbiamo un cuore grande come il tuo, che non tacerà mai, e come diceva il Che Guevara

    "... saremo capaci di sentire sempre, nel più profondo dell'animo, qualsiasi ingiustizia realizzata contro qualsiasi persona, in qualsiasi parte del mondo. Questa è la qualità più bella dell'essere rivoluzionario".






L'autrice è responsabile della pagina in italiano di "Prensa Latina".






Pagina inviata da Ida Garberi
(17 dicembre 2008)

Castellano

"Madres, en vuestras manos
tenéis la salvación del mundo".
(Leon Tolstoy)


Cuando sucedió la tragedia, el 20 de julio de 2001, yo no vivía en Italia, ya estaba viviendo en Cuba, y como sea quedé aniquilada por las imágenes transmitidas en la televisión local.

A Génova, en el ámbito de las manifestaciones de protesta contra la cumbre del G8, organizada por el Genoa Social Foro (que representó un grupo de movimientos, partidos y parte de la sociedad civil que respondió a la globalización capitalista), el cortejo de los "rebeldes" es atacado por la policía y obligado a desviarse hacia Plaza Alimonda.

De repente una camioneta de los carabineros se para y aparece una mano con una pistola, que primero apunta directamente a un manifestante que se inclina y logra escapar, mientras que Carlos Giuliani sólo intenta desarmarla utilizando un extintor vacío: la pistola dispara dos veces y un golpe lo alcanza en llena cara.

Además de no socorrerlo, existen algunas grabaciones como testimonio del hecho que la camioneta pasa sobre el cuerpo dos veces antes de alejarse y un agente le parte la frente con una piedra.

Cuando, después de diez minutos las enfermeras del Social Foro llegan, el corazón de Carlo, débilmente, todavía late. Tenía solo 23 años.

Quise hacer este trágico cuento no para impresionar a quien está leyendo, pero sí para que todos puedan tratar de comprender o recordar lo que sucedió a Haidi Giuliani, la mamá de Carlo, justo aquel lejano, pero desafortunatamente todavía vivo e impune, 20 de julio de 2001.

Haidi tiene un rostro dulce, mientras estamos charlando en el hotel donde está alojada en La Habana, tiene una mirada indefinible, con un velo de tristeza, pero también con una gran fuerza que emana energía.

Haidi es una maestra jubilada que habría querido estar sin trabajar y cuidar a sus nietos como todas las abuelas del mundo, pero una suerte oscura la echó sobre todos los periódicos, la obligó a reaccionar y a defender la memoria de su hijo, hacer justicia no es sólo una obligación moral para Carlo, pero también por los centenares de personas que murieron en situaciones no aclaradas, víctimas de nuestro "bonito país", de sus fuerzas de policía que no pagan casi nunca por los "errores" cometidos.

Hoy, en el 2008, desafortunadamente no se hizo todavía justicia y probablemente no se hará nunca.

El 5 de mayo de 2003, después de casi dos años, las investigaciones que sigueron a la muerte de Carlo encuentran su conclusión. Es una conclusión no nueva por quien siguió en los años casos análogos (manifestantes matados por las fuerzas del orden durante manifestaciones públicas): el Juez de las Investigaciones Preliminares acogió la solicitud de catalogación por legítima defensa presentada por el Fiscal, formulando una sentencia de absolución sobre el hecho cometido por Mario Placanica (el carabinero que se auto-acusó de haber disparado) incluso, más favorable que aquella del Fiscal: no sólo el militar actuó por legítima defensa, sino lo hizo por legítimo empleo de las armas.

Para aclarar bien: el caso de Carlo es un proceso archivado, que nunca se llegó a hacer.

Desafortunadamente el caso de Carlo es sólo uno de los muchos de una larga lista que señala, con su dramática estela de sangre, las últimas décadas de la historia de la Italia republicana.

Todos estos muertos (Ilaria Alpi, Giovanni Ardizzone, Pier Paolo Pasolini, Giuseppe Pinelli, Saverio Saltarelli, Carlo Giuliani. Y luego Plaza Fontana, Plaza de la Loggia, Estación de Bolonia, Ustica, para citar de ellos sólo algunos) tienen un hilo común: la matriz de la mano homicida, fascista, organizaciones mafiosas, elementos individuales de las fuerzas del orden que quedaron impunes.

Muy a menudo los culpables y los que ordenan los homicidios no son localizados, y cuando los son, casi siempre quedan impunes. Una impunidad que resulta total, si limitamos el análisis de las víctimas por mano de las fuerzas del orden.

Ésto es cuanto aúna a todos aquellos muertos; asesinados dos veces: en el mismo cuerpo (en un tren, en una plaza, en un avión.) y luego en la memoria (en una sala del tribunal).

Justo por esto Haidi no está de acuerdo en dejar que todo caiga en el olvido, acepta también hacer política, no para solucionar un caso de justicia "personal", sino sobre todo para no olvidar y no permitir que éstos horrores puedan volver a suceder.

Así, en las elecciones del 2006 se presenta como candidata por Rifondazione Comunista como independiente y debería tomar el sitio del senador Malabarba, que dimitió, el mismo 20 de julio de aquel año, en memoria de Carlo.

El senado sólo acogerá las dimisiones en octubre del 2006.

Lo hecho por Haidi desde el principio no es lo mismo que lode un político cualquiera, lucha por una comisión parlamentaria sobre los hechos de Génova, que es desafortunatamente obstaculizada y definitivamente rechazada, justo por los aliados del gobierno de la izquierda radical.

Este hecho la deja con un sabor amargo en la boca, aunque no la para: Haidi, al revés de muchos políticos italianos, utiliza su tarjeta de senadora, no para conseguir privilegios personales, sino sobre todo para tener entrada a los lugares de detención y ocuparse de aquellos "últimos", que su Carlo tanto quiso.

Cuando le pregunté que piensa sobre la derrota de la izquierda en las últimas elecciones, cuál es la responsabilidad de la dirigencia del partido, si su táctica fue correcta, Haidi confiesa haberse quedado perpleja ante el asunto.

En la época de la campaña electoral, Rifondazione Comunista no se ocupó de la base como habría debido, no trató de implicar los movimientos sociales (que fueron primero utilizados y luego abandonados) y sobre todo desplazó de sus zonas de origen a los candidatos, presentándolos dónde no eran conocidos.

    "Si un partido comunista no tiene atención con los más débiles, cómo puede llamarse comunista?", afirma Haidi clavándome sus ojos azules que emiten energía a los mios.

    "Yo protesté mucho por estas tácticas que efectivamente llevaron a la gran derrota, porque podían ser empleadas sólo por dos motivos: o estamos delante de una incapacidad de la dirigencia o fue una derrota planificada".

¿Y, añado yo, si hubiera sido planificada, a quién ayudó esta táctica de "remar en contra"?

Una vez más se tuvieron en cuenta sólo los intereses del poder y no aquellos verdaderos, los de los electores.

Ya basta de pensar en la campaña contra Cuba del periódico del partido "Liberazione", convocada por su director Sansonetti, por la periodista Nocioni y por sus enviados pseudos periodistas de incógnito en la isla, buscando la exclusiva del año.

Qué lástima que cuando no encontraron la noticia, yo sé, por cierto, que también estuvieron dispuestos a construirla de manera no tan legal.

¿Y repito yo, pero Sansonetti no actuó en armonía con la dirigencia? Haidi me aclara que Sansonetti siempre hizo cosas sin contar con sus jefes. Pues, polémicamente yo contesto que en todo caso fingieron no ver y viraron la cabeza hacia otra parte.

¿No es este un modo de desintegrar una fuerza política desde su interior, según un sistema famoso de la época de los romanos "divide et impera?"

Después del congreso de Rifondazione Comunista el mensaje estuvo claro, ganó la moción n. 1, de Paolo Ferrero, es decir la gente quiere un partido en movimiento hacia la unidad de toda la federación, para buscar una completa autonomía del Partido Democrático y hacer una verdadera oposición al gobierno Berlusconi.

Sobre éste hecho Haidi es absolutamente positiva, en efecto a mi pregunta polémica, si su inscripción al partido sólo después del éxito de Ferrero, es querer subrayar una diferencia con la vieja dirección me sonríe y contesta:

    "... incluso, habiendo asumido claramente una posición en el debate entre las mociones, reconociéndome antes de todos en la mocion 1, no quise que mi inscripción pudiera aparecer, en ningún modo, una elección en contra mientras quiere ser decididamente a favor. Hay quien dice que no es posible solucionar la crisis de la izquierda con un pequeño partido que recoge los cacharros de otros precedentes, pero yo soy una vieja maestra acostumbrada a trabajar partiendo de los datos reales y no me parece que hay por ahí muchas fuerzas actualmente ocupadas en encauzar el grave desvío a la derecha. Hay quien desea un vasto y heterogéneo movimiento de fuerzas auto-organizadas, también yo lo deseo, pero mientras tanto leí declaraciones sobre cuánto es bonita la energia nuclear, ví llegar a los soldados en las calles de las ciudades, solo para dar dos ejemplos, sin una sombra de oposición, estando en aquellos días Rifondazione Comunista cerrada en sus habitaciones, ocupada en discutir su mismo futuro; que suerte que sobre las huellas de los niños gitanos se movilizó el ARCI (asociación cultural recreativa italiana) y hizo una declaración la iglesia, de otro modo aquéllos hechos también serían pasados bajo silencio. Y luego la guerra, con sus matanzas; y la guerra cotidiana del trabajo, con sus muertos; y la guerra del hambre, con sus ahogados; y la guerra de la desinformación, que mata los cerebros, y de veras no se puede esperar, no digo un mes pero tampoco un minuto más, para "remangarse las mangas" e ir entre la gente y trabajar para despertar conciencias. Así me inscribí, desde la izquierda y desde lo más bajo que se pueda; también porque, ahora que parece que no está de moda, ahora que más de alguno nos considera una especie en extinción, me gusta ver escrita cerca de mi nombre la palabra comunista".

Continúo mi conversación con Haidi para saber que hace en Cuba, por qué está aquí, que la empujó del otro lado del océano hacia acá.

Ella me contesta que fué invitada por Cuba porque en Camaguey, en el Museo Estudiantil Jesús Suárez Gayol, fué dedicado un espacio a Carlo Giuliani y a su triste historia, porque no se tiene que olvidar, para que las nuevas generaciones crezcan con el gran valor que es pretender la justicia.

Y luego me dicen que soy monótona en comparar mi mezquino país con la gran heroica isla caribeña: una vez más, después de la muerte de Ardizzone en Milán y de Fabio di Celmo aquí en Cuba, el gobierno de la isla no permite injusticias en el mundo, cuida hasta de los hijos no suyos, que murieron para defender aquellos ideales que nos enseña hace 50 años el Comandante en Jefe.

Vaya, aquí tenemos una vez más de frente una Cuba internacionalista, dónde las fronteras del corazón no existen.

Haidi me cuenta la ceremonia de inauguración de la parte del museo dedicada a Carlo y las lágrimas ponen húmedos sus ojos.

Pero es sólo un instante, enseguida sonríe y comenta que su visita estuvo llena de emociones, claro, en Camaguey vivió el momento más fuerte, pero todo lo que vió aquí lo considera de gran respeto.

Para Haidi es como un gran abrazo este reconocimiento cubano, justo a Carlo, que quiso intensamente a todos los pueblos del sur del mundo.

Es una inyección de consuelo, para continuar todas sus luchas que costantemente ella empuja hacia adelante: en estos días viene justo del Centro América dónde partecipó en una caravana para defender el concepto del agua como un derecho inalienable e inviolable de la persona, que no tiene que convertirse absolutamente en un producto del mercado.

Por el caso de Carlo, presentó en Europa, junta a los otros familiares, un recurso contra el Estado de Italia: desde hace un año y medio el procedimiento fue aceptado, pero todo calla, en un silencio completo.

Pero Haidi no se parará, hasta que sus fuerzas lo permitan; su energía es alimentada sobre todo por los gestos de cariño de quien está sufriéndo las mismas injusticias.

El día siguiente a la entrevista, tuve el honor de ser invitada, como miembro del Comité Internacional por la Libertad de los Cinco cubanos, a un encuentro en el ICAP (Instituto Cubano por la Amistad de los Pueblos) de la delegación que acompaña a Haidi en su visita, perteneciente a la asociación de Amistad ASICubaUmbria, dirigida por Serena Bertolucci, con Roberto González, hermano de René, uno de los Cinco.

Haidi fue una de los primeros miembro del Comité italiano por la Libertad de los Cinco de Franco Forconi y es una gran partidaria de la batalla para sustraerlos de las cárceles.

¿Cómo puede quedar insensible delante de otro gran caso de injusticia judicial?

Y el mismo Roberto es quien aprieta fuerte a Haidi en su pecho, y llena de emoción a esta pequeña gran mujer cuando afirma:

    "Cuba no podrá olvidar nunca las imágenes de Plaza Alimonda, todo el pueblo cubano quedó indignado delante de tal atrocidad".

Ánimo, Haidi, tú sabes que no somos "importantes" y desafortunatamente nuestro cariño viene de una pequeña isla, víctima del bloqueo genocida, pero tenemos un corazón grande como el tuyo, que no callará nunca, y como el Che Guevara dijo

    "... seremos capaces siempre de sentir, en lo más hondo, cualquier injusticia realizada contra cualquiera, en cualquier parte del mundo. Es la cualidad más linda del revolucionario".






La autora es la responsable de la página en italiano de "Prensa Latina".






Página enviada por Ida Garberi
(17 de diciembre del 2008)


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