Cuba

Una identità in movimento


Mella e Sozzi continuano ad amare

Adys M. Cupull ReyesFroilán González


Nella stazione ferroviaria di Santa Maria Novella ci aspettava l'architetto Sergio Sozzi. Era allegro e si poteva percepire la franchezza di colui che pratica la verità. È agile e camminando fa dimenticare che sono trascorse più di otto decadi della sua vita.

Il primo nostro contatto con lui era stato epistolare, mentre stavamo facendo delle ricerche per il libro "Julio Antonio Mella e Tina Modotti contro il fascismo".

Gli incontri sono poi avvenuti a Perugia, Cesena, Firenze e L'Avana, cosa che ci ha permesso di approfondire la conoscenza della vita di suo padre, Gastone Sozzi, assassinato sotto tortura nel regime fascista italiano.

Nell'anno 2005, Sergio visitò L'Avana in occasione di un'importante esposizione di foto di suo padre nel Museo della Rivoluzione e per il desiderio da noi espresso che fosse presente alla presentazione ufficiale del nostro libro alla Feria del Libro (nella Fortezza La Cabaña). L'ultimo incontro era stato nella città di Bologna nel 2007.

È stato Julio Antonio Mella che ci ha segnalato l'orrendo crimine contro Gastone Sozzi, protestando a Città del Messico per l'assassinio avvenuto il 6 febbraio 1928 nel carcere di Perugina, che il governo di Mussolini tentò di presentare all'estero come un suicidio.

Questo nuovo incontro è stato molto speciale, perché la presentazione del nostro libro "Con Lo Sguardo Al Sud", a Montana dell'Aniene, in provincia di Roma, ci ha permesso di arrivare a Firenze e trovarci con lui, per consegnargli una copia del nostro documentario che tratta di Mella e di suo padre, intitolato "Canzone a Gastone Sozzi", con copione di Livan Gonzalez, con la direzione del documentarista Otto Miguel Guzman e la realizzazione di Leandro Gonzalez, arricchito da immagini di archivio ed altre riprese donate da amici di Cuba in Francia, in Italia ed in Messico. La musica è stata composta appositamente dai giovani messicani René e Canek Ortiz Aldama.

Gastone Sozzi nacque l'8 marzo 1903 nel quartiere Borghetto della città italiana di Cesena, in provincia di Forlí. Crebbe nel seno di una famiglia di tradizioni socialiste. Suo padre Amedeo, lavorava come operaio del forno municipale e la madre, Ida Ceccaroni, era figlia di un bracciante agricolo.

I racconti familiari sulle prime lotte operaie, gli orrori della prima guerra mondiale, le notizie della Rivoluzione russa orientarono rapidamente Gastone Sozzi verso il Socialismo. Si iscrisse alla Federazione Giovanile Socialista nel 1919 e in seguito cominciò a collaborare nei giornali socialisti locali "Lotta di Classe", "Spartaco", "Germinal", "Il Comunista" ed entrò a far parte del Comitato Esecutivo Giovanile della Federazione di Forlì.

A soli sedici anni di età, in un libretto di 'Note' scrive:


"Perché sono socialista? Perché amo. Amo tutto quello che di buono e bello c'è nella vita. Amo la giustizia. Amo chi si procura il pane col lavoro. Amo l'umanità sofferente che per le sue condizioni economico-sociali abbrutisce nelle stamberghe sporche ed umide dei suburbi di ogni città. Amo la pace che consente alla civiltà di migliorare le condizioni di vita ed eleva lo spirito. Amo i proletari che sono i miei fratelli perché soffrono sotto la tirannia delle classi prepotenti ed oziose. Amo la verità".


L'impegno politico costituì una decisione di lotta di Gastone Sozzi, un giovane sensibile che amava la musica, la letteratura, le letture filosofiche, scientifiche, scriveva poesie, racconti e bozzetti. Ma gli avvenimenti politici degli anni 1920-22 imposero alla sua vita una svolta decisiva.

Questa passione per la musica e la letteratura sarà continuata da suo figlio. Nella sua casa del quartiere il Poggetto, costruito su una specie di collina, osserviamo un significativo pianoforte. Sergio studiò fino al settimo anno e interruppe quando venne a Firenze per studiare architettura all'università. Riprese poi anni dopo come dilettante con Beethoven, Brahms, Schubert, Mozart, Chopin.

Ci spiegò che da mesi le sue dita non gli rispondono più in modo soddisfacente, tuttavia la musica era rimasta nel silenzio accogliente della sua casa, nei racconti soavi e lenti del parlare, nelle lettere e documenti di suo padre, nell'assenza fisica di sua moglie, nelle preoccupazioni ed affetti delle sue due figlie e gli affetti dei nipoti e nei ricordi che ci circondavano.

Nella sala predomina l'azzurro nelle pitture che riflettono la vita, l'uomo e la natura. Domandandogli su di un quadro specifico, ci dice che il suo autore si chiama Ortuño, un giovane spagnolo che conobbe negli anni 50 quando l'artista viveva a Firenze ed era figlio di un antifascista spagnolo che aveva dovuto lasciare il suo paese durante la dittatura di Francisco Franco. Il quadro è del 1967 e l'autore lo ha regalato a Sergio e sua moglie.

È molto difficile non ricordare Gastone quando si sta vicino a suo figlio. Cercavamo negli occhi e nei gesti la somiglianza che ci faceva retrocedere nel passato.

Agli inizi del 1920, Gastone Sozzi assunse la direzione del circolo giovanile comunista di Cesena ed in giugno dello stesso anno propose la creazione di un gruppo di azione che si proponeva di mantenersi unito ai più volenterosi e preparati militarmente, per accelerare il processo di dissoluzione dell'ordine borghese, instaurare e consolidare il comunismo e combattere, da dentro il partito, gli opportunisti, con il fine di guidare la sessione verso la vera linea della Rivoluzione.

Apparteneva a quei giovani che venivano maturando l'idea di dare vita al Partito Comunista. Loro costituirono uno dei componenti più importanti e rappresentarono, come scrisse Palmiro Togliatti,


"... un vivaio sterminato di futuri rivoluzionari professionali, di quadri dirigenti".


Durante l'anno 1920 Gastone Sozzi finì i suoi studi di ragioneria e le condizioni economiche della famiglia gli impedirono di continuare e troncarono le sue aspirazioni di specializzarsi in letteratura e filosofia, materie dalle quali si sentiva molto attratto. Questo ostacolo non gli impedì di coltivare lo studio dei classici latini e greci nella biblioteca di Cesena, mentre nella sua casa si costruì con grande sacrificio una propria biblioteca, dove, insieme ai testi politici, aveva raccolto opere letterarie, scientifiche e filosofiche.

Nel gennaio del 1921 Gastone Sozzi partecipa al Congresso di Firenze della Federazione Giovanile Socialista, che decide l'adesione al Partito Comunista, nato la settimana precedente al Congresso di Livorno.

Ma il 1921 e il 1922 sono gli anni dell'avanzata fascista e nell'agosto del '22 Gastone Sozzi è costretto a fuggire dalla Romagna, ricercato dai fascisti e dalla polizia con l'accusa di aver partecipato ad uno scontro a fuoco in cui era morto un fascista, accusa che lo costringe ad un periodo di semiclandestinità.

Dall'agosto al dicembre del '22 vive a Torino dove lavora presso il giornale del Partito Comunista - L'Ordine Nuovo, fondato da Antonio Gramsci. Dopo la marcia su Roma, il Partito decide di farlo uscire dall'Italia e mandarlo in Russia, dove si formavano i quadri di molti paesi per una rivoluzione socialista.

Arrivò nella capitale sovietica nel gennaio del 1923 e, per l'interessamento di Gramsci, che era a Mosca e che, come ha scritto Camilla Ravera, "lo apprezzava ed amava", in settembre si trasferì a Pietrogrado ed entrò nella Scuola Internazionale, della quale fu responsabile politico del gruppo degli studenti italiani. Nell'anno seguente entrò insieme ai suoi compagni all'Istituto "Tolmaciov". Partecipò ai lavori del V Congresso dell'Internazionale Comunista e fu presente nelle sue sessioni.

Nel Luglio del 1925, sostanzialmente scagionato dall'accusa per cui tre anni prima aveva dovuto lasciare la Romagna, ritornò in Italia per svolgere, a partire da agosto, il servizio militare obbligatorio.

Terminato nell'agosto 1926 il servizio militare, entrò a fare parte dell'apparato clandestino del Partito Comunista, col compito di dirigere, insieme a Cesare Ravera, l'ufficio militare, col proposito di intensificare la propaganda comunista tra le forze armate, specialmente tra le giovani reclute. Fra l'altro si occupò della redazione dei giornali clandestini "La Caserma", "La Recluta" e di "Il fanciullo proletario", dedicato ai bambini.

Nell'ottobre del 1926 si sposò con Norma Ballelli, con la quale visse a Genova, a Milano e a Torino fino all'agosto 1927, quando Norma dovette rientrare a Forlì, nella casa materna, per partorire.

Nel settembre del 1927 andò a Basilea per tenere lezioni a una scuola di partito su problemi militari. Poi discusse insieme a Palmiro Togliatti i problemi del lavoro che avrebbe dovuto svolgere per riprendere in mano le fila dell'organizzazione.

Il 2 ottobre 1927 nacque suo figlio a Forlí, mentre Gastone continuava nella sua vita clandestina.

Il nostro soggiorno a Firenze si trasformò in una continuità dello studio e dell'investigazione storica; l'architetto Sergio Sozzi ci mostrò una lettera di Gastone a suo padre, dove spiega che fu fermato il 1° novembre a Milano.

Dai documenti del carcere risulta che il giorno 8 di quello stesso mese fu trasferito al carcere di Perugia, dove gli interrogatori sono verbalizzati dal 10 gennaio 1928 fino a un confronto del 4 febbraio con una compagna che lo riconosce.

La morte, avvenuta il 6 febbraio, viene comunicata alla moglie come dovuta a suicidio, ma viene nascosta alla stampa.

Il padre e la moglie, giunti al carcere di Perugia per vedere il corpo di Gastone, chiedono l'autopsia, che viene negata.

Solo il 22 febbraio l'Humanité ne dà notizia e nei giorni seguenti scrive delle torture alle quali fu sottoposto. A seguito delle manifestazioni di protesta che si sviluppano a Parigi nel marzo, il Governo italiano ammette le torture ma insiste sul suicidio.

L'11 Marzo 1928 l'Humanité rivela che


"In un rapporto confidenziale a Mussolini sull'affare Sozzi, dopo lo scatenamento della campagna internazionale, l'avvocato militare del Tribunale Speciale, il comandante Ciardi, ha ammesso che la morte di Sozzi sarebbe sopravvenuta in seguito ad un errore, a causa di un enteroclismo di iodio più carico di quello che avrebbe dovuto essere."


Con l'architetto Sozzi parliamo degli italiani, francesi, messicani e cubani che collaborarono nell'investigazione storica che ha dato origine al libro ed al documentario.

I fiorentini vivono orgogliosi dei valori architettonici, culturali, storici e spirituali, della città, culla del Rinascimento, generatrice di sogni romantici, custode di sculture, palazzi, chiese, musei e gallerie. Città che, come una bella ragazza, salta da una riva all'altra del fiume Arno, attraverso i suoi ponti. Sergio ci raccontò delle sue origini, che sono cominciate con un insediamento di soldati veterani stabilito, sembra, da Giulio Cesare nel 59 a.C.

Firenze è il capoluogo della Toscana, gran centro turistico, che compete con Venezia e Roma e durante la Seconda Guerra Mondiale, soffrì l'occupazione tedesca per un anno (1943-1944). Rimase come testimone il Ponte Vecchio, il più antico della città, di origine medievale, che è l'unico che sopravvisse alle distruzioni dei tedeschi.

Il nostro amico ci condusse in macchina alla Fortezza da Basso, lungo i viali realizzati quando Firenze fu per pochi anni la capitale, al Piazzale Michelangelo, alla chiesa di San Miniato, dedicata al primo martire della città, decapitato attorno all'anno 250, dall'imperatore Decio, durante le terribili persecuzioni anticristiane.

Racconta la leggenda che dopo l'esecuzione, raccolse la sua testa e camminò attraversando il fiume Arno fino al suo eremo sulla collina Mons Florentinus, dove attualmente esiste la Basilica di San Miniato al Monte.

Davanti a noi fluivano i nomi di Giovanni Boccaccio, i Medici, il Duca di Lorena, Dante Alighieri, la fioritura della cultura che diede nome alla città, le opere di Michelangelo, Leonardo da Vinci, Luca Signorelli, Sandro Botticelli, Donatello e tra ricordi arriviamo fino a Porta Romana.

Nell'intimità della sua casa, tra ricordi ed aneddoti, José Martí era presente, volemmo lasciargli un piccolo libro col suo racconto sull'Esposizione di Parigi. Con gran sorpresa, Sergio apparve, felice, con un vecchio e grosso libro, di quelli rari e classici. E disse: Qui c'è l'Esposizione di Parigi; questo fu pubblicato nel 1889. Interessati dal prezioso materiale, spiegò che è una collezione rilegata delle 70 dispense pubblicate dalla Casa Editrice Edoardo Sonzogno, a Milano, in occasione di quell'avvenimento. Il suo titolo è "L'Esposizione di Parigi del 1889 Illustrata".

Sull'origine del libro spiegò che lo vide sempre in casa sua, viene dalla famiglia del padre, da Cesena, non sa chi abbia fatta la collezione, ma era qualcuno della generazione del nonno di suo papà, perché il babbo del papà nel 1889 aveva soli 7 anni di età.

Fu un privilegio percorrere a piedi insieme a Sergio, la città celebre per la sua scuola di architettura, pittura e scultura, specialmente quella innovatrice dal secolo XIV al XVI da Giotto a Michelangelo.

Ci condusse a Santa Maria Novella, al Battistero, con le porte di bronzo dorato. Ci mostrò la Cattedrale dedicata a Santa Maria del Fiore in pieno centro storico, che risale al secolo XIV; è famosa per la sua grande cupola, di 45 metri di diametro e 100 di altezza. Fu progettata da Filippo Brunelleschi, uno dei più grandi architetti rinascimentali. Nell'interno ci sono gli affreschi di Giorgio Vasari e Federico Zuccari, che rappresentano il giudizio finale. L'edificio, di dimensioni gigantesche, è a croce latina, con una navata principale e due laterali. Il suolo è ricoperto di marmo colorato.

Il percorso ha incluso il Campanile di Giotto, la Piazza della Signoria, la più grande di Firenze, dove si trova la fontana manierista del Nettuno, dell'Ammannati. Visitiamo la Loggia dei Lanzi ed il Palazzo Vecchio, sede del Municipio. Nella piazza si trovano tre statue: Cosimo I a cavallo, l'Ercole e Caco ed una copia del David di Michelangelo, che appare come guardiano del Municipio insieme ad Ercole. Il Palazzo Vecchio è famoso per la sua alta torre, possiede vari saloni, come quello dei Cinquecento, quello dei Dugento, quello degli Iris, ed una serie di sculture fra le quali si trova il Genio della Vittoria, di Michelangelo.

Visitiamo la Galleria Uffizi, considerato il primo museo d'Italia e del mondo relativamente alla pittura rinascimentale e dove si conservano pitture dal Gotico fino al secolo XVIII ed opere di Sandro Botticelli, come la Primavera e la Nascita di Venere e La Sacra Famiglia, di Michelangelo del 1507.

Arriviamo fino a Palazzo Pitti e alla chiesa di Santo Spirito, progettata nel 1434 da Filippo Brunelleschi, nella sua ultima tappa stilistica. Ai nostri piedi uno dei ponti sull'Arno che attraversa la città, per continuare con le sue acque fino a Pisa e sboccare nel mar Tirreno. Nel 1406 Firenze conquistò questa città e si trasformò in una potenza marittima; nel 1569 è diventata capitale del Granducato di Toscana e dal 1865 al 1870, capitale del Regno d'Italia. Fu dichiarata Patrimonio dell'Umanità nel 1982.

Il tempo premeva, c'aspettavano a Chiavari dove dovevamo tenere una conferenza. Firenze non può si vedere completamente in due giorni; Sozzi ci portò fino alla stazione ferroviaria, lo abbiamo salutato con un abbraccio e l'augurio di buona salute. Le parole sono state emozionate:


"Salutatemi il popolo di Cuba, Fidel e Raul".













Página enviada por Froilán González y Adys M. Cupull Reyes
(11 de agosto de 2008)


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