Cuba

Una identità in movimento

Wifredo Lam

Francesco Vespoli



Nato nel 1902 a Sagua la Grande, un porticciolo nella parte settentrionale di Cuba, era figlio di un mercante cinese e di una mulatta indigena che aveva sangue africano e spagnolo nelle vene, forse anche indiano.

Dal 1918 al 1923 studiò all'Accademia di San Alessandro, in seguito per approfondire la cultura europea si trasferì prima in Spagna ed in seguito a Parigi. A Madrid entrò nello studio del pittore accademico Alvarez de Sotomayor, ed ebbe Salvator Dalí tra i compagni di corso.

Irrequieto e curioso, insaziabile e instancabile dovette attendere dieci anni prima di dare sfogo ai suoi istinti artistici. Fondamentale fu l'incontro con Pablo Picasso, che provò per lui subito una viva simpatia e lo accolse nel suo atelier. Nelle opere di Picasso, Lam notò subito una continuità con lo spirito africano che gli richiama statue e riti perpetrati dalla sua balia quando era bambino a Cuba.

Grazie a Picasso si sentì stimolato da un primitivismo di nuovo genere, in cui un'arcana magia si esprimeva attraverso figure schematizzate, essenziali. Grazie a Picasso conobbe i surrealisti Henri Matisse, Femand Leger, Joan Miró, Benjamin Perét, Andrè Masson e altri. Nel 1939 tenne la sua prima mostra a Parigi alla Galeria Pierre.

Nel 1940, in piena guerra, si rifugiò a Marsiglia ove ritrovò quasi tutti gli amici di Parigi, tutti in attesa di lasciare il paese per andare in Martinica. Partirono in trecento tra intellettuali e artisti e, dopo un lungo periodo d'internamento, raggiunsero gli Stati Uniti. Wifredo non si fermò a New York, ma fece ritorno a Cuba, ansioso di sperimentare il modello europeo unendolo al suo istinto indigeno e ribelle. Il risultato di quella sinergia fu strepitoso, ne nacque una serie di quadri che restano a testimonianza dell'arte del Ventesimo secolo. Tra il 1942 e il 1952 visse tra La Habana e New York, Haiti e Martinica, il Messico e il Venezuela. In seguito ritornò a Parigi per poi trasferirsi sulla costiera ligure, ad Albisola ove aprì uno studio.

Wifredo Lam dipingeva la giungla come può dipingerla un aborigeno, un uomo che la conosce e la teme, consapevole che nessuno vi può sopravvivere a lungo. Per lui la giungla è un mondo fuori dal tempo, saturo di veleni e di insidie dove nascita e morte si compiono nello stesso istante, non è un territorio dell'uomo, ma un territorio di riti e di magia a cui spesso l'uomo non può sottrarsi. Anche lontano dai Caraibi il tema della giungla continuava ad ossessionare Lam: in lui e intorno a lui restava sempre quello scenario minaccioso e misterioso, irto di palme, di bambù, di canne da zucchero, popolato da animali striscianti, pullulante di forme ambigue, denso di colori, percorso da luci oblique, sinistre. Eppure la giungla dipinta da Lam non esiste nella realtà, è una giungla che si porta dentro dalla nascita, che affonda le sue radici nell'humus originario del pittore, che è cresciuta dentro di lui e corrisponde alle pulsioni di un temperamento primordiale, non addomesticabile né civilizzabile.

La giungla, uno dei suoi quadri più celebri, dipinto tra il 1942 e il 1943, è custodito nella sala d'ingresso del museo d'arte moderna di New York.

Negli anni quaranta si avverte un primo cambiamento nella pittura di Wifredo Lam. Gli spiriti cominciano ad avere il sopravvento sulle energie primordiali e i colori si smorzano, la temperatura si attenua. Le creature che compaiono nei quadri hanno dietro di sé una lunga storia di metamorfosi e di scambi — tra mondo animale e vegetale, tra mondo naturale e mondo umano — assumono contorni più netti; il disegno degli oggetti è più chiaro; le formule magiche e le formule pittoriche, le simmetrie e le proporzioni guadagnano terreno e vogliono imporsi alle forze cieche di una natura priva di coscienza. È la notte delle pratiche rituali con cui l'uomo si avvicina agli spiriti. L'atmosfera della notte è quella più propizia al manifestarsi degli spiriti e al dispiegarsi di una vita spirituale. Nell'ombra è iniziato il processo di presa di coscienza, un processo lento e graduale che sembra irreversibile, anche se tra innumerevoli difficoltà potrà durare a lungo.

Nei primi anni '40 le forze della notte restano presenti e minacciose, negli anni seguenti le evocazioni notturne intervengono a contrastarle, nelle opere degli anni '50 si raggiunge una specie di equilibrio, sia pure precario. L'uomo ha armi per difendersi, ma il potere della giungla non è ancora infranto. Nelle sue opere si fa riferimento agli spiriti maligni o tutelari, con Malembo, Yemayá, Eleguá e Ogún; il fascino persistente di una giungla annidata in un passato remoto è ancora carico di un potere demoniaco con ritmi duri, secchi, sincopati che vivono perentori nelle sue opere.


Testo tratto da FRANCESCO VESPOLI, Incontri cubani. Personaggi e interpreti della cultura di oggi (Calimera, Essenziale, 1998, pp. 148-149). Fonte: WIELAND SCHMIED, Wifredo Lam. Surrealismo ai Tropici, in "Meridiani", n. 51, settembre 1996, pp. 126-133


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Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

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