Cuba

Una identità in movimento


New York e latin jazz: è il momento dei cubani

Keke Orun


Oriente LopezHo incontrato qualche giorno fa un eccellente pianista cubano, Oriente Lopez, in tournee in Italia assieme all'enfant prodige della musica isleña, Gonzalo Rubalcaba. Abbiamo fatto due passi sul litorale romano e abbiamo parlato un po' di musica e di aneddoti legati alle varie conoscenze che abbiamo in comune.

A Cuba si usa.

La musica e i musicisti sono argomento di conversazione quotidiano almeno quanto i pettegolezzi di quartiere o le ultime sul "beisbol". E così, anche fuori dall'isola, in genere non si vede l'ora di incontrare qualcuno che sappia le ultime per "actualizarse" un po' sul panorama musicale e avere nuove chiacchere fresche da scambiare con gli amici.

Oriente è uno che ne sa parecchie di cose.

Eppure all'Habana non ci vive più da un sacco di anni e non ci ha neppure più messo piede da quando se ne è andato a vivere all'estero. Ora abita a New York che pare stia diventando il nuovo centro di attrazione dei giovani musicisti cubani in cerca di fortuna.

Miami è out. I cubani che abitano lì (cubani ormai di seconda o terza generazione) non hanno più nulla in comune con quelli che se ne vanno ora dall'isola. Continuano a rimestare le cose che hanno sentito dai loro genitori o dai nonni e ai cubani di oggi non fa molto piacere rivangare ancora quelle vecchie storie. In fondo, chi è rimasto ha vissuto un altro mezzo secolo di post-rivoluzione e non accetta lezioni da chi se ne è andato il giorno dopo.

New York è un'altra cosa. Ci va chi ha voglia di sfondare sul serio. Il clima e lo stile di vita non hanno niente a che vedere con Cuba. Non hanno nessuna voglia di creare la loro piccola Habana in una strada e di continuare con i cliché del domino fuori dalla porta e le canzoni strappacuore a tutto volume.

Hanno voglia di essere qualcuno e di imparare cose nuove. Oriente è uno di questi. Eccellente pianista e cantante formatosi al prestigioso Instituto Superior de Arte, Oriente si è fatto le ossa con gruppi come Afrocuba suonando in tutti i carnevali dell'isola (e sono tanti). Ha accompagnato musicisti come Silvio Rodriguez e ha fatto del jazz la sua religione. Il latin-jazz, quello vero, quello che nasce da fusioni perfette tra poliritmie e sabor ignoti ai professionisti dello swing nord-americano, con le armonie ardite dei più grandi (Dizzie, tanto per dirne uno).

E il loro momento è arrivato. I piccoli ed esclusivi club della capitale culturale USA vanno pazzi per questi giovani geni musicali che sanno dare un'aria tutta nuova alla musica che da sempre è la colonna sonora di New York: il jazz. E non c'è grande formazione che non abbia chiamato una volta alla batteria il prestigiatore Horacio "el Negro" Hernandez, non c'è serata latin in cui la voce del giovane autodidatta Pedrito non ricordi agli americani le radici afro della musica che più li rappresenta. Gonzalo Rubalcaba ha costretto altri grandi pianisti (come Michel Camilo) a rimettersi in discussione e a cercare nuovi fraseggi per competere con il suo giovanissimo genio e la sua tecnica incredibile e il vecchio Bebo sbanca i Grammy con la sua eleganza alla tastiera.

E poi c'è il repertorio: un musicista cubano può attingere ad un universo musicale sconfinato, a sonorità antiche mai abbandonate, coltivate e rinnovate quotidianamente nei vicoli delle città cubane, nei suoi carnevali, nelle scuole. Un patrimonio che per un jazzista vero non ha valore e non si impara nelle grandi accademie del Nord America. Mentre Oriente mi racconta queste cose, un po' mi commuovo. Da un lato sono felice che finalmente il mondo inizi a conoscere e apprezzare il vero talento cubano, dall'altro mi trovo a pensare ai locali dell'Habana dove fino a qualche tempo fa i cubani potevano godere dei loro giovani geni pagando pochi pesos e dove oggi solo i turisti e i cubani "con le mani in pasta" possono entrare e assaporare i passaggi di giovani meteore destinate a prendere il volo.

Ovunque, ma non lì.


    Martedì, 28 giugno 2005


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

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