Cuba

Una identità in movimento


La colonia italiana di Cuba (1884-1902). Parte I

Francesco Tamburini


Abstract

Il lavoro intende rivolgere un inedito sguardo all'emigrazione italiana nell'isola di Cuba a partire dalla fondazione della Società Italiana di Mutuo Soccorso dell'Avana, ancora in epoca coloniale spagnola, sino al raggiungimento dell'indipendenza dell'Isola caraibica. Le difficili e travagliate vicende storiche locali, come la vicinanza degli Stati Uniti, non resero mai Cuba meta privilegiata dell'emigrante italiano. Pur tuttavia, ciò non impedì il sorgere del particolare fenomeno dell'emigrazione stagionale ed altresì l'interessamento dell'opinione pubblica e del governo italiano per lo sfruttamento di eventuali correnti migratorie verso la Perla de las Antillas.


La presenza italiana nella "Perla de las Antillas" ha origini lontanissime. Si ha, infatti, traccia di uno stanziamento di italiani a Cuba sin dagli inizi del secolo XVII, quando tra il 1605 ed il 1610 fu fondata, nella parte estrema occidentale dell'Isola, la cittadina di Mantua ad opera di marinai italiani (liguri e veneti) reduci dal naufragio del brigantino Mantova[1].

Tuttavia si è deciso di prendere come parametri di ricerca gli anni compresi tra il 1884 ed il 1902 in quanto le due date rappresentano tappe fondamentali rispettivamente per il tentativo di organizzazione della comunità italiana all'Avana e per l'isola di Cuba.

Cuba non rappresentò mai una meta ambita per l'emigrante italiano e non poteva essere diversamente a causa della crisi politico-economica in cui versava l'Isola e tutto l'impero spagnolo in via di dissoluzione. La prima guerra d'indipendenza (1868-1878), la cosiddetta Guerra dei Dieci Anni, conclusasi con il "Patto di Zanjón", e la "Guerra chiquita" (1879-1880), avevano messo in ginocchio l'economia coloniale della produzione della canna da zucchero e del tabacco. Il "Patto di Zanjón" aveva inoltre affrancato 200.000 schiavi di colore che destabilizzarono la struttura della società spagnola a Cuba, dove imperavano già disoccupazione, banditismo e malattie endemiche mortali come la febbre gialla[2]. Inoltre Madrid cercava di favorire l'immigrazione nell'Isola dei soli peninsulares spagnoli a discapito dell'immigrazione straniera, nel tentativo anche di contrastare l'indipendentismo cubano. Un ritratto desolante quindi, che avrebbe scoraggiato chiunque avesse voluto tentare la fortuna emigrando a Cuba. Ma, nonostante ciò, visse e si sviluppò nell'Isola una piccola comunità di italiani, o per meglio dire una colonia, usando il termine impiegato all'epoca per descrivere i nuclei di italiani emigrati all'estero. Si trattò di una emigrazione sporadica che si amalgamò per lo più con la popolazione locale sino a perdere la propria identità nazionale od abbandonò l'Isola per le sue difficili e problematiche vicende politiche. Non è stato purtroppo possibile ottenere un elenco dettagliato dei cittadini italiani residenti a Cuba nel periodo preso in considerazione poiché non si è trovato presso l'Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, nonostante ripetute ricerche, il registro del Consolato Italiano all'Avana, che sembra essere stato smarrito. Ci siamo così affidati a fonti alternative secondarie, ma non per questo meno importanti, per avere un quadro più fedele possibile della situazione.

Gli italiani a Cuba soffrirono, come molti altri emigrati in Paesi dove non vi fossero flussi migratori di rilevanza o commerci significativi, dei disagi causati dall'affidamento della loro tutela e protezione ad agenti consolari di altra nazionalità. Il Consolato Italiano dell'Avana era infatti retto nel 1883 dallo spagnolo Manuel Rodríguez Baz, contemporaneamente Console anche del Portogallo. Una circostanza piuttosto insolita questa se si pensa che invece, a capo del Consolato di Santiago di Cuba vi era sin dal 1872 un Console Onorario italiano (Bottino Luigi). Sarà proprio la cattiva gestione degli interessi italiani da parte di Rodríguez Baz a spingere la piccola comunità italiana "habanera" a redigere il 10 febbraio del 1883 una formale petizione diretta al Ministro degli Esteri Stanislao Mancini affinché fosse affidato il Consolato Italiano al medico chirurgo Enrico Maiolino "padre filantropo di tutti i bisognosi[3]". La richiesta si concludeva con le firme di 76 sudditi italiani di cui 43 firmavano con una croce[4]. Non sappiamo quando questi italiani giunsero a Cuba né che tipo di professione esercitassero, ma si desume che dovessero essere per lo più piccoli commercianti operai o braccianti. Dal Ministero degli Esteri non giunse nessuna risposta, il che spinse alcuni componenti della comunità a fondare un anno dopo nel 1884 all'Avana l'"Associazione Generale di Mutuo Soccorso" nel tentativo di salvaguardare i propri interessi e tutelare i numerosi indigenti che non potevano contare sull'aiuto diretto dell'autorità consolare italiana. L'Associazione, che aveva sede nella zona centrale dell'Avana in calle Amargura 54 (via tutt'oggi esistente), sopravviveva grazie alle donazioni dei soci ed almeno sino al 1896 aveva concluso il suo bilancio in attivo (800 lire in entrata e 692 in uscita) con un patrimonio sociale di 1.467 lire e 40 centesimi[5].

Una nuova richiesta per la nomina di un console di nazionalità italiana venne inoltrata il 13 giugno del 1884 dalla stessa Associazione, questa volta denunciando con gravi e circostanziate accuse l'operato di Rodríguez Baz. Nello specifico la comunità denunciava il Console ad interim di essersi rifiutato nel maggio 1884 di riconoscere come legittimo erede Lorenzo Viglienzoni, giunto appositamente dall'Italia con tanto di lettera del Console Generale italiano a Madrid per prendere possesso dell'eredità lasciatagli dallo zio, deceduto nel 1879 nel mandamento di Paso Real San Diego; di non aver mai fatto giungere a destinazione le 1.985 lire raccolte dalla colonia nel novembre del 1882 per aiutare gli alluvionati del nord Italia e per la costruzione di un monumento a Garibaldi a Genova, ed infine per non aver aiutato l'operaio italiano Giuseppe Guardelli dopo che era stato accoltellato e derubato in una via dell'Avana. Tutta una serie di fatti che rendevano, secondo la comunità


"... incompatibile il prolongamento in carica di un uomo che malviso per la sua condotta all'intera colonia italiana non potrebbe che eccitare il giusto risentimento di quanti italiani vivono in quest'Isola e nel cui petto è sempre acceso il sacro onore di Patria[6]".


Ma anche questa volta gli appelli caddero nel vuoto. In occasione della visita nel porto dell'Avana del Regio incrociatore Flavio Gioia nel gennaio del 1887, il presidente dell'Associazione Generale, il marmista toscano Pietro Pelliccia, chiese al comandante dell'incrociatore, Eugenio Grandville, che intercedesse presso il Ministero degli Esteri affinché la richiesta della colonia fosse esaudita, inviando un mese dopo una nuova lettera al Ministro Depretis[7]. Il comandante Grandville appoggiò la richiesta del Pelliccia, non solo perché convinto della necessità che le rappresentanze consolari dovessero essere affidate a consoli italiani di carriera od onorari (molti sono i rapporti del Grandville al Ministero degli Esteri in questo senso anche per altre comunità italiane nelle Antille), ma anche perché in quel periodo si stava pianificando lo sfruttamento di una corrente d'emigrazione dall'Italia verso Cuba.

Proprio infatti durante la permanenza del Flavio Gioia nel porto cubano, era stato stipulato un contratto tra il Banco de Crédito Territorial Hipotecario de Cuba ed il Banco di Credito e Sconto di Napoli per favorire l'immigrazione diretta dall'Italia. L'intenzione sarebbe stata quella di sostituire gli schiavi affrancati, nelle piantagioni di tabacco per la raccolta stagionale, con braccianti italiani provenienti dall'Italia. A tal riguardo Grandville si espresse assai negativamente in una nota diretta al Ministero degli Esteri sottolineando come in generale non fosse da auspicare l'emigrazione in paesi come Cuba dove "l'abolizione della schiavitù fu accettata a malincuore ed ove non è dimenticato il sistema di oppressione verso il lavoratore obbligato[8]", descrivendo tra l'altro l'Avana come la città della corruzione per eccellenza, nella quale omicidi, aggressioni, ricatti e sequestri erano all'ordine del giorno, per di più restando impuniti. Comunque il progetto in questione non ebbe alcun seguito e forse non tanto per l'intervento ed i commenti negativi di Grandville, ma più probabilmente per i precedenti tentativi, anche da parte di altre nazioni (come la Germania) che erano clamorosamente falliti[9], e che dovettero pesare sull'annullamento della speculazione in oggetto.

Un anno dopo l'ultima richiesta della colonia, fu nominato un nuovo Console all'Avana. Si trattava del cavalier Giuseppe Pirrone, questa volta finalmente un console di carriera. Pirrone, che ricoprirà solo per circa un anno l'incarico, essendo sostituito dal Console di prima classe Giovanni Luigi Avezzana nel luglio del 1889[10], farà in tempo a rispondere al formulario della "circolare Damiani" diretta a tutte le legazioni e consolati italiani in America, vertente sulla relazione tra emigrazione e scambi commerciali[11]. Il rapporto del Console Pirrone mise in evidenza senza mezzi termini che le condizioni di Cuba non avrebbero permesso lo sviluppo né di una proficua immigrazione, né tantomeno la creazione di scambi commerciali, data la politica protezionista spagnola e la preponderante presenza degli Stati Uniti che commercialmente, secondo Pirrone, avevano già annesso l'Isola. Per questi motivi il diplomatico riteneva che l'esigua colonia italiana non fosse chiamata ad "avere in breve avvenire verun sensibile aumento[12]".

Come abbiamo detto Pirrone sarà sostituito di lì a poco dal Console Avezzana, un personaggio che sarà oggetto di numerose contestazioni da parte della comunità italiana nei primi anni novanta, pur avendo un curriculum professionale di tutto rispetto[13]. Una di queste proteste, rivolte naturalmente al Ministero degli Esteri, dove si censurava aspramente Avezzana e la nomina di un Vice-Console (Gustavo Della Luna)[14], fu sottoscritta ancora una volta da vari cittadini italiani residenti all'Avana, particolare interessante questo, in quanto tra i firmatari[15] (che non si qualificarono, si badi bene, come appartenenti alla citata "Associazione Generale di Mutuo Soccorso"), non vi figura nessuno di coloro che firmarono la petizione contro Rodríguez Baz nel 1883. Dopo dieci anni quindi, la composizione della colonia italiana sembra essersi modificata totalmente. Ciò ci spinge a formulare diverse ipotesi. Può significare ad esempio che la comunità italiana fosse esasperatamente "atomizzata" e che si riunisse solo sotto determinate necessità o che vi fosse un ricambio periodico di immigrati che non si insediavano stabilmente nell'Isola per le già citate difficoltà od anche perché essi aderivano a quel tipo di immigrazione che proprio nel caso di Cuba è stata definita, una emigrazione stagionale o "golondrina"[16] (come le rondini), cioè emigranti, siano essi braccianti, operai o commercianti, che si recavano a Cuba solo in periodi limitati e determinati, sfruttando ad esempio l'inizio dei raccolti, per poi ritornare in luoghi più vivibili.

Sino ad ora ci siamo essenzialmente occupati solo della presenza di italiani nella città dell'Avana, ma naturalmente la colonia si estendeva anche in altre parti di Cuba, non si spiegherebbe altrimenti lo stabilimento di agenzie consolari a Matanzas, Cienfuegos e Santiago de Cuba (le prime due rette da agenti spagnoli). Nell'estate del 1896, quando già da più di un anno Cuba era sconvolta dalla seconda guerra d'indipendenza iniziata il 25 febbraio 1895, il nuovo Console all'Avana, conte Mario Compagnoni Marefoschi, scrisse una relazione assai importante ai fini del nostro lavoro. Dopo aver anch'egli profuso dettagli sulle precarie condizioni dell'Isola e la sua completa inadeguatezza per una immigrazione[17] affermò:


"Nel registro dei nazionali di quest'ufficio si trovano inscritti più di tremila italiani. Questa cifra però è esagerata a causa delle morti, delle partenze e della mancanza di nuovi arrivi negli ultimi anni. Gli italiani tutt'ora residenti in Cuba debbono essere tra i 1500 e i 2000, con tendenza a diminuire, viste le partenze di ogni giorno per gli Stati Uniti e per l'Italia. Le occupazioni principali cui si danno i nostri connazionali sono quelle di piccoli industriali e di venditori ambulanti. Vi è pura qualche casa importatrice. Non mancano artieri, operai, impiegati e commessi. Pochi sono i contadini che si dedicano alla coltura della terra; però una certa quantità ne viene impiegata nelle piantagioni della canna da zucchero durante l'epoca del raccolto, in qualità di addetti alle macchine, sorveglianti, conduttori, facchini".


Le cifre riferite da Marefoschi non sembrano essere del tutto credibili (peccando forse in eccesso), e porta comunque a riflettere il fatto che neanche egli sapesse esattamente quanti italiani fossero presenti nell'Isola durante il suo incarico, il che poteva essere dovuto o ad una poco efficiente gestione del Consolato o ad un flusso migratorio in qualche modo non propriamente controllabile. L'accenno ai lavoratori stagionali deporrebbe per quest'ultima tesi. Per ciò che riguarda una'altra fonte d'immigrazione "sommersa", non sono da sottovalutare neanche le miniere di ferro, rame, piombo e manganese nella Provincia d'Oriente appartenenti a compagnie statunitensi, come la Pennsylvania Steel e la Bethelehem Iron Company, le quali preferirono impiegare, sia durante gli anni '80 e '90 che immediatamente dopo l'indipendenza, come minatori, ed anche semplici operai, numerosi italiani immigrati negli Stati Uniti e già esperti nel settore minerario, piuttosto che reclutare personale locale[18]. Eloquenti sono le notizie fornite da due periodici dell'Avana (El Avisador Comercial e il Diario de la Marina) i quali nel giugno del 1890 annunciarono che la compagnia nordamericana Sigua Iron Company, dopo l'acquisto di alcune miniere nella Provincia d'Oriente avrebbe costruito un porto artificiale nella Baia di Sigua, utilizzando maestranze italiane. Nell'ottobre dello stesso anno il Diario de la Marina riferì dell'arrivo a Santiago di Cuba di un certo ingegner Smith assieme a 95 operai italiani destinati allo sfruttamento delle miniere della stessa compagnia[19]. Non sappiamo che cosa ne fu di questi italiani, ma è probabile che essi avessero acquisito la cittadinanza statunitense e che forse fecero ritorno negli Stati Uniti quando la situazione si rese insostenibile a causa della guerra d'indipendenza e di quella ispano-americana poi. Le cifre riferite da Marefoschi non sembrano La seconda guerra d'indipendenza cubana, ed in seguito la guerra ispano americana (iniziata il 24 aprile 1898) fornisce diversi piani di ricerca e nuovi elementi sugli italiani nell'Isola caraibica. Sulle vicende degli italiani che si arruolarono tra le fila dell'ejército libertador cubano e sulla solidarietà italiana per la libertà di Cuba sono stati già compiuti studi a sé stanti ed a cui rimandiamo[20]. Tra i volontari italiani partiti dall'Italia qui basterà ricordare il dottor Francesco Federico Falco (1866-1944), Guglielmo Petriccione (1873-1954) ed Oreste Ferrara Marino (1876-1972), figure che ricopriranno, dopo la guerra d'indipendenza, incarichi scientifico-politici di rilievo presso la neocostituita repubblica cubana. In special modo Ferrara sarà uno dei personaggi più in vista della politica cubana sino all'avvento della rivoluzione castrista[21]. Ma di altrettanto interesse sono gli italiani che, già stabilitisi a Cuba, furono coinvolti più o meno loro malgrado nell'insurrezione antispagnola. La Consulta, ed in taluni casi anche lo stesso Parlamento[22], si interessò infatti a diversi sudditi italiani che furono arrestati con l'accusa di aver aiutato gli insorti, ed anche, attraverso il Consiglio del Contenzioso Diplomatico, a coloro che lamentarono danneggiamenti alle proprietà e ad attività commerciali a causa degli aventi bellici, reclamando una congrua indennità. La pena riservata per i mambises cubani era la fucilazione, o nei migliori casi il deferimento al tribunale di guerra con il conseguente internamento nelle carceri delle isole Chafarinas o di Ceuta. Il Ministero degli Esteri si interessò affinché ad alcuni italiani catturati dagli spagnoli, con l'accusa di aver collaborato con gli insorti, fosse risparmiato questo destino. Tali sono i casi del diciassettenne Manuel Zitto Betancourt, nato da madre cubana e padre italiano, incarcerato a Santa Clara nel 1896[23], dei fratelli Enrico ed Edgardo Palma originari di Cascina nella provincia di Alessandria, commessi di farmacia, arrestati all'Avana per aver fornito medicinali ai ribelli, od infine di Mario Divizia, un personaggio misterioso dai trascorsi poco cristallini[24]. Su quest'ultimo italiano come per i fratelli Palma esiste una fitta corrispondenza tra l'Ambasciatore italiano a Madrid Renzis, il Console Marefoschi ed il Ministro degli Esteri, grazie all'intervento dei quali fu evitato il peggio poiché il Divizia fu processato a Barcellona da un tribunale ordinario ed i fratelli Palma furono espulsi riparando poi in Costa Rica. Certamente i casi sopra citati non possono costituire esempi dell'emigrante italiano tipico, rientrando in quell'emigrazione semi-clandestina che sfuggiva al controllo, seppur a fini statistici, del Ministero degli Esteri. A questo proposito va ricordato che non solo il Console Marefoschi, interrogando personalmente i Palma sulle accuse loro rivolte ottenne pochissime risposte, spiegandosi questa reticenza "col timore di compromettere altri complici, probabilmente italiani, che dalla confessione potevano risentire grave danno[25]", ma il Ministero dell'Interno, dopo aver intrapreso delle indagini, non fu in grado di trovare alcuna traccia dei Palma presso alcun ufficio anagrafico italiano[26].


Parte I — Parte II


    Note

      [1] Nei registri parrocchiali della città di Mantua si trovano cognomi, relativi agli inizi dell'Ottocento, come Ferrari, Pitaluga, Fiorenzana, i cui progenitori risultano essere nati a Genova e Venezia. Italianos en Mantua, Bohemia, a. 87, n. 10, 14 maggio 1995, pp. 18-19.

      [2] Louis A. PÉREZ Jr., Cuba between Empires (1878-1902), Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 1983, pp. 4-26.

      [3] Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, Carte del personale Serie II, A9, 1883-1894 (da ora in poi ASDMAE, CP), da Colonia italiana a Ministro Affari Esteri, 10 febbraio 1883.

      [4] Tra le firme leggibili: Vincenzo Sollazzo, Romolo Zocchi, Domenico Zafantino, Raffaele Maiolini, Domenico Savio, Michele e Federico Pittori, Francesco De Nito, Angelo Lomonaco, Giuseppe Zito, Giuseppe De Angeli, Fedele Cosandi, Domenico Salvi, Giuseppe Cotardi, Giovanni Maolino, G. Giusti, Fedele Luciano, Giovanni Savini, Antonio del Mercato, Domenico Cheloni, Giobatta Brundi, Raffaele Mottola. Idem.

      [5] Le Società italiane all'estero, Bollettino del Ministero Affari Esteri, annata 1898, Roma, Ministero Affari Esteri, 1898, pp. 64-65.

      [6] ASDMAE, CP, doc. n. 21265, 15 giugno 1884, da Colonia Italiana a Ministro Affari Esteri.

      [7] Idem, doc. n. 6912, 12 febbraio 1887, da Colonia Italiana a Ministro Affari Esteri.

      [8] Fausto LEVA, Ufficio Storico della Marina, Storia delle campagne oceaniche della Regia Marina, Vol. II, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 2 ed., 1992, pp. 175-177.

      [9] Sul tentativo della Germania di introdurre nel 1871 a Cuba ben 40.000 famiglie tedesche si veda, Luis ÁLVAREZ GUTIÉRREZ, Un proyecto de colonización alemana para la isla de Cuba en 1871, in Cuba la Perla de las Antillas, Actas de las I jornadas sobre "Cuba y su historia" , Madrid, Doce calles, 1994, pp. 109-120. Dello stesso autore La diplomacia bismarkiana ante la cuestión cubana, Madrid, CSIC, 1988, pp. 160-166.

      [10] Annuario diplomatico, Roma, Ministero Affari Esteri, 1890, p. 108.

      [11] ASDMAE, Serie Politica A, b. 1, f. 6, doc. n. 46/27611, 29 agosto 1888, Circolare del Sotto-Segretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri alle regie legazioni e regi consolati in America. Su questo specifico argomento vedasi Maurizio VERNASSA, Alle origini dell'interessamento italiano per l'America latina, Modernizzazione e colonialismo nella politica crispina: l'inchiesta del 1888 sull'emigrazione. Pisa, Ed. ETS, 1997.

      [12] ASDMAE, Serie Politica A, b. 1, f. 6, Sul maggiore sviluppo del commercio italiano nelle Antille Spagnole, 23 novembre 1888, da Console all'Avana a Ministro Affari Esteri.

      [13] Avezzana era nato a New York nel 1839, nominato dal governo prodittatoriale agente consolare a New York nel 1860, era entrato definitivamente nella carriera diplomatica come Vice-Console di seconda classe a Liverpool nel 1868 ed a Callao nel 1873. Console di seconda classe a Dublino (1882) passerà alla prima classe nel 1888 proprio con l'incarico all'Avana. Annuario diplomatico, cit.

      [14] "Da lungo tempo la colonia italiana residente in questa città avrebbe dovuto protestare presso codesto R. Ministero contro la condotta così riprovevole del cav. G. Avezzana nel disimpegno delle sue funzioni di R. Console come lo provano innumerevoli fatti che per ora ci asteniamo di esporre. Oggi ci limitiamo a pregare l'E.V. a voler prendere pronte ed efficaci misure prima che abbino a ripetersi fatti che ridonerebbero nuovo disdoro al buon nome italiano in questo paese, come lo è quello della recente nomina a Vice-Console del Sig. Gustavo Della Luna, fatto tanto più censurabile in quanto che il Cav. Avezzana, che lo propose, sapeva bene chi fosse fin da quando lo prese come segretario. I sottoscritti non riconosceranno mai come Vice-Console il suddetto signore per molte e gravi ragioni, alcune delle quali note a codesto Ministero (...) Pregano pertanto i sottoscritti l'E.V. a voler annullare tale nomina, essendo stato il R. Ministro tratto in inganno dal cav. Avezzana, certamente per fini suoi speciali. Essi sono convinti che il Sig. Della Luna non solo non ha la capacità necessaria per occupare quel posto, ma ben anco perché non è degno di disimpegnare tale onorevole carica. (...) Infine, pel decoro del nome italiano e per la garanzia dei nostri interessi, speriamo che l'E.V. vorrà prendere in seria considerazione il deplorevole stato in cui si trova il nostro Consolato e porvi pronto rimedio appagando i nostri giusti reclami". ASDMAE, C.P., doc. n. 00028, 24 luglio 1893, da Colonia Italiana all'Avana a Ministro Affari Esteri.

      [15] Edoardo Speranza, Giuseppe Repetto, E. Avignone, Luis Lippi y Pomeray, Josefina Ascarel, Luis Lippi y Simonetti, Pasquale Buttato, Carlos Viale, Vito Candia, Michele Aulicino, Professora (sic) Enrichetta Tasca vedova Maironi, Daniele Cerizola, Salvatore Palumbo, Fernando Attenti. Idem

      [16] Jordi MALUQUER DE MOTES, La inmigración española en Cuba. Elementos de un debate histórico, in Cuba la Perla de las Antillas, cit., pp. 137-147.

      [17] "Questo paese, coll'attuale insurrezione che si estende da un punto all'altro dell'Isola, senza risparmiare neppure i dintorni della capitale, trovasi in tale stato di disordine e di pericoli da far passare all'emigrante qualunque idea di venire qui nella speranza di trovare il minimo impiego o lavoro. Ma dato anche che le condizioni dell'Isola fossero normali essa non è, parlando in generale, paese adatto alla nostra emigrazione. Il primo ostacolo si trova nel clima oltremodo malsano durante la più grande parte dell'anno, specialmente nelle campagne. La febbre gialla vi si può dire endemica, ed anche nella stagione d'inverno, che è la più salubre, non è raro che avvengano decessi dovuti a questo terribile morbo. Durante poi i mesi delle pioggie gli abitanti delle campagne, specialmente se stranieri, devono aversi cure straordinarie per isfuggere al flagello". La colonia italiana nell'isola di Cuba, Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia, Parte non ufficiale, 6 agosto 1896, pp. 4344-4345.

      [18] Antonio CALVACHE, Historia y desarrollo de la minería en Cuba, La Habana, Editorial Neptuno, 1940. Lisandro PÉREZ, Iron mining and socio-demographic changes in eastern Cuba (1884-1940), Journal of Latin American studies, n. 14, novembre 1982, pp. 390-395.

      [19] Diario de la Marina, 14 giugno e 24 ottobre 1890; El Avisador Comercial, 4 giugno 1890.

      [20] Francesco TAMBURINI, I volontari italiani per la libertà di Cuba, Latinoamerica, n. 53, Roma, 1994, pp. 83-93. F. TAMBURINI, L'indipendenza di Cuba nella coscienza dell'"estrema sinistra" italiana (1895-1898), Spagna contemporanea, Alessandria, a. IV, n. 7, 1995, pp. 39-80.

      [21] 1898: Segretario del Governatore Civile della Provincia di Las Villas; 1906: Appoggia la rivolta del Partito Liberale contro il Presidente Estrada Palma conquistando i gradi di Generale di Divisione; 1908-1913: Presidente della Camera del Parlamento cubano; 1917: Partecipata al fallito golpe contro il Generale Mario García Menocal; 1922-1926: Professore di derecho político all'Università dell'Avana; 1924-1931: Presidente della Delegazione Cubana alla Società delle Nazioni; 1926-1932: Ambasciatore di Cuba a Washington; 1932: Segretario di Stato della Repubblica cubana; 1938: Presidente della AT&T a Cuba; 1940: Membro dell'Assemblea Costituente cubana: 1946-1960: Rappresentante Permanente di Cuba all'UNESCO. Oreste FERRARA, Una mirada sobre tres siglos: Memorias, Madrid, Editorial Playor, 1975.

      [22] Si veda l'interrogazione degli onorevoli Colajanni ed Imbriani sull'imprigionamento all'Avana del cittadino italiano Mario Emanuele Dirizzo nel giugno del 1897. Atti parlamentari, Camera dei Deputati, discussioni, XX legislatura, 1 sess., tornata del 22 giugno 1897, Roma Tip. Camera dei Deputati, 1897.

      [23] Il caso di Manuel Zitto fu portato a conoscenza delle autorità italiane grazie ad un pastore protestante di Laredo (Texas). ASDMAE, Fondi archivistici della legazione sarda e delle rappresentanze diplomatiche italiane in USA (da ora in poi FALS), b. 98, pos. 128, Guerra ispano americana, 12 maggio 1896, da reverendo H.B. Pratt ad Ambasciatore italiano a Washington barone Fava.

      [24] "In un ultimo rapporto del Console d'Italia all'Avana ho avuto certezza della prigionia di tre italiani: un tal Mario Divizia e due fratelli Edgardo ed Enrico Palma, originari di Cascina (Prov. di Alessandria), commessi di farmacia. Dallo stesso Divizia ho ricevuto una lettera nella quale si dichiara italiano incorporato sotto altro nome e nazionalità nell'esercito cubano. Egli implora la mia protezione temendo l'ingiustizia dei tribunali di guerra, ma nella sua lettera assai circospetta, scritta dal carcere egli mantiene un grande riserbo sopra la sua vita precedente. Non dice neppure a qual provincia o città italiana abbia avuto i natali. Egli stesso confessa d'essere ritenuto agente d'anarchia e tal forse sarà". ASDMAE, FALS, doc. n. 016326, 31 marzo 1897, da Ambasciatore italiano a Madrid a Ministro Affari Esteri.

      [25] ASDMAE, FALS, Enrico ed Edgardo Palma, senza data, Colloquio del comm. Bianchini con il Regio Console conte Marefoschi.

      [26] ASDMAE, FALS, Riservato, doc. n. 040547, 13 luglio 1897, da Ministero dell'Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, a Ministro Affari Esteri.




© Giovanni Armillotta, 2000


Parte I — Parte II


Cuba. Una identità in movimento

Webmaster: Carlo NobiliAntropologo americanista, Roma, Italia

© 2000-2009 Tutti i diritti riservati — Derechos reservados

Statistiche - Estadisticas