Cuba

Una identità in movimento


I rapporti diplomatici tra l'italia e Cuba dal 1935 al 1947. Dall'ostilità all'amicizia ritrovata

Francesco Tamburini


La simpatia del popolo cubano per l'Italia ha origini lontane, risalendo alle dimostrazioni popolari italiane in favore della lotta per l'indipendenza di Cuba del 1895-1898[1]. I buoni rapporti d'amicizia proseguirono anche dopo la proclamazione della Repubblica di Cuba nel 1902, tuttavia con l'avvento del fascismo le distanze tra i due Paesi si accrebbero, soprattutto quando l'Italia intraprese una politica estera aggressiva.

Come autorevolmente mise in evidenza Aldo Albònico, l'Italia fascista

    "... non ebbe mai piani di espansione nel continente latinoamericano... " e "... non ci fu, con rispetto all'America Latina, un sistema di precetti"[2].

Anche la Repubblica di Cuba rientrò in questo schema, essendo troppo lontana dagli interessi immediati della politica estera del fascismo e troppo vicina invece alla sfera di influenza statunitense. Ad un primo esame superficiale pertanto, le relazioni diplomatiche italo-cubane potrebbero apparire prive di interesse, se non inesistenti. Dallo spoglio dei documenti diplomatici emergono però dei particolari interessanti, che vale la pena sottolineare poiché bene illustrano le precise motivazioni per le quali l'Italia ebbe così poco successo nel propagandare la propria politica interna ed estera in quella che gli spagnoli chiamavano la Perla de las Antillas. Motivazioni che solo parzialmente sono da attribuire agli interessi economici politici e strategici degli Stati Uniti su Cuba[3].

I ministri italiani residenti all'Avana furono sempre attenti nel riferire a Palazzo Chigi gli sconvolgimenti rivoluzionari e l'endemica instabilità politica che afflisse Cuba sin dal momento della sua indipendenza. In questo senso, durante l'epoca fascista, lunghi e dettagliati rapporti sulla situazione cubana giunsero a Roma, ma è lecito dubitare che chi avrebbe dovuto leggere tale documentazione potesse essere stato in grado di districarsi tra la miriade di sollevazioni, attentati e colpi di stato. Dopo la dittatura del Generale Gerardo Machado y Morales (1925-1933)[4], e sino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, seguirono infatti ben nove Presidenti, tutti all'ombra del "sergente" Fulgencio Batista y Zaldívar: Carlos Manuel de Céspedes (agosto 1933); Ramón Grau San Martín (settembre 1933); Carlos Hevia (16 gennaio 1934); Carlos Mendieta y Montefur (17 gennaio 1934); Miguel Mariano Gómez (maggio 1936); José Antonio Barnet y Viñajeras (12 dicembre 1936); Federico Laredo Brú (24 dicembre 1936); Fulgencio Batista (ottobre 1940); Ramón Grau San Martín (ottobre 1944)[5].

Il legame di dipendenza di Cuba con gli Stati Uniti fu sempre visto e descritto dai diplomatici italiani come un qualche cosa di bizzarro ed incomprensibile. Soprattutto il così detto "Emendamento Platt", aggiunto alla Costituzione cubana del 1902 e che fu alla base della semi-indipendenza di Cuba, suscitò le più ampie perplessità[6].

Ci fu senza dubbio da parte italiana anche poca conoscenza e scarsa valutazione della politica interna cubana. Quando infatti il governo di Ramón Grau San Martín prese il potere e tentò di sganciarsi dalla tutela statunitense, denunciando l'"Emendamento Platt"[7] e varando tutta una serie di misure volte alla democratizzazione della società cubana (giornata di otto ore lavorative, istruzione per i meno abbienti, diritto di voto alle donne)[8], il ministro italiano all'Avana, Nicola Macario, qualificò il nuovo esecutivo "estremista" e di "tipo sovietico"[9]. Giudizi ovviamente figli del proprio tempo, ma che denotano l'impossibilità anche di tentare di fare una seppur timida concorrenza all'egemonia di Washington, data l'incompatibilità del regime fascista con le aspirazioni democratiche della fragile Repubblica di Cuba. Fatto sta che l'Italia non riconobbe il governo Grau, seguendo per altro l'indirizzo della maggior parte della comunità internazionale[10].

I rapporti diplomatici sembrarono normalizzarsi con il governo del colonnello Carlos Mendieta (l'Italia fu il primo Stato europeo a riconoscerlo), con il quale si cercò di intavolare delle cordiali relazioni, anche se le speranze di poter creare a Cuba una corrente di simpatia verso il fascismo erano ancora assai lontane o, come disse Macario nei primi giorni del 1935:

    "Il Fascismo, fin ora poco conosciuto, suscitava una certa diffidenza nella maggioranza dell'opinione, data la mentalità del Paese, ligia ai vecchi principi liberali. Ciò non pertanto, si notano ora, per quanto sporadici e tardivi, segni evidenti d'ammirazione per la nuova Italia, da parte di intellettuali e di qualche gruppo politico. L'ambiente del Paese è però ancora ben lungi dall'offrire possibilità a serie realizzazioni fasciste"[11].

Tuttavia, ammesso che fossero mai esistiti, questi sporadici e tradivi segni di ammirazione di cui parlava Macario furono spazzati via dalla guerra italo-etiopica e dalle sanzioni che Cuba, Paese tra i membri fondatori della Società delle Nazioni, applicò assieme ad altre 51 nazioni contro l'Italia[12]. I rapporti non migliorarono neanche dopo la conquista dell'Impero, poiché ormai l'immagine dell'Italia a Cuba era irrimediabilmente compromessa e non certo per l'influenza statunitense. Tutto ciò sebbene la Legazione all'Avana diretta da Macario si fosse impegnata a difendere l'impresa etiopica sia con la stampa che con trasmissioni radiofoniche, avvalendosi anche del centro culturale Vittorio Emanuele III con sede all'Avana, combattendo, per dirla con le parole del diplomatico,

    "... la propaganda esasperata antifascista dei numerosi elementi comunisti, negroidi e massonici di questa disgraziata Repubblica"[13].

Le trasmissioni avvenivano tramite una radio locale dell'Avana sui1030 Kilocicli dalle 12 alle 13,30 e si intitolavano "Voce d'Italia" e "Ora Italiana della Radio". Fu proprio durante una di queste trasmissioni, il 7 maggio 1936, che la radio fu oggetto di un attentato da parte di cinque individui di colore, i quali irruppero negli studi e spararono diversi colpi di revolver[14]. Non vi furono vittime ma l'episodio fu chiarificatore del clima di ostilità che regnava a Cuba verso l'Italia e l'impresa etiopica. In ogni caso, a distanza di un anno dalla fine delle ostilità, il ministro Macario fu costretto, soprattutto per mancanza di fondi, a rivedere il tipo delle attività propagandistiche italiane a Cuba.

    "A guerra finita, non sembra necessario, né del resto sarebbe possibile di continuare quelle attività che, oltre ad uno straordinario lavoro, esigevano non lievi prestazioni finanziarie. Io credo che nei riguardi della propaganda politica in questo Paese, la nostra vittoria romana nell'Africa Orientale è valsa infinitamente di più di qualsiasi possibile diffusione di scritti, di pubblicazioni, ecc., perché essa, oltre a dare magnifica prova del valore militare dell'Italia Fascista, è valsa a rintuzzare i numerosi antifascisti cubani, idioti di mala fede ed a ridicolizzare le loro stupide affermazioni di oppressione e tirannia di cui sarebbe vittima il popolo italiano che invece ha saputo dare mirabile ed edificante prova della sua unione spirituale e della perfetta sua compenetrazione con il Duce"[15].

Il ministro consigliò comunque Palazzo Chigi di insistere nel rilanciare l'immagine italiana e diffondere l'ideale fascista nell'isola, combattendo quello che egli stesso definì l'"inveterato spirito liberal-democratico-massonico" del governo cubano. Macario inviò anche un programma di massima, il quale prevedeva: l'incremento dei fondi destinati all'Istituto Vittorio Emanuele III, diretto dal Dott. Paolo Nicolai, che avrebbe dovuto far conoscere le "magnifiche realizzazioni del fascismo in qualsiasi campo dell'attività umana"; organizzare una linea di piroscafi Genova-Cuba-Messico, che avrebbe sostituito l'attività di quelli spagnoli, inattivi a causa della guerra civile in corso; istituire un corso di lingua italiana presso l'Università dell'Avana; progettare una mostra campionaria di prodotti tipici italiani. Per quanto riguardava l'attività culturale, essa sarebbe stata incarnata interamente proprio dalla Vittorio Emanuele III, che poi fungeva anche da provvisoria sede locale del Fascio. Questa istituzione aveva sostituito la Società di cultura italo-cubana, la quale non rispondeva più alle nuove esigenze della Legazione italiana.

    "A me sembrava criminoso il continuare a parlare dei buoni classici italiani del Trecento e del Cinquecento e di qualsiasi altro tempo, ignorando ciò che il fascismo ha operato nell'arte, nella politica e nell'anima italiana — e ciò si faceva per non creare imbarazzi alla direttiva la quale si preoccupava di non urtare lo spirito comunista e quasi antifascista dell'ala sinistra di studenti e professori universitari"[16].

Ma le attività proposte da Macario non trovarono mai pratica realizzazione, sia perché troppo onerose per il pubblico erario, sia soprattutto perché la società cubana sembrava essere fortemente impermeabile e refrattaria all'ideologia fascista. Ovviamente quest'ultima circostanza non venne mai espressa chiaramente da Macario, ma piuttosto egli attribuì il mancato interesse dei cubani per il fascismo alla dipendenza di Cuba da Washington, che di fatto rendeva inutile

    "... qualsiasi iniziativa che non risulti gradita ai signori della Casa Bianca"[17].

Che l'ambiente sociale e culturale cubano fosse sostanzialmente ostile al regime fascista lo comprovò anche il sostituto di Macario, il ministro plenipotenziario Giovanni Persico[18]. In uno dei suoi primi rapporti a Roma, il diplomatico espresse tutta la sua delusione nei confronti dei governanti e della grande maggioranza degli intellettuali cubani, che avevano palesato più o meno evidentemente la propria antipatia nei confronti del fascismo. Una antipatia, spesso mascherata da indifferenza, che pervadeva anche settori politici che invece parteggiavano per Francisco Franco nella Guerra Civile spagnola. Il 7 settembre 1937, Persico così scriveva al ministro degli Esteri Galeazzo Ciano:

    "Credo mio dovere di far presente a Vostra Eccellenza che ho trovato qui un ambiente in maggioranza a noi contrario; correnti di opinione pubblica ostili sia palesi che sotterranee; un riserbo che rasenta la freddezza nell'ambiente ufficiale e presso vari colleghi. A completare questo quadro aggiungerò che la radio non è diretta dal governo, ma è in mano ad Enti, di persone private irresponsabili che quasi quotidianamente attaccano il Fascismo. Ad esempio del riserbo ostentato da queste Autorità citerò la visita da me fatta alla Signora Remos, moglie del Ministro degli Affari Esteri. Durante un'ora di visita quest'ultimo mantenne la conversazione sull'argomento dell'Italia artistica, mi parlò dei pittori del Rinascimento, di Verdi, di Donizetti, di Bellini; quasi che l'Italia moderna, l'Italia delle Camicie Nere fosse un argomento pericoloso e spinoso, da non toccare e da lasciare nell'ombra. Simile forma mentale ho riscontrato presso altre Autorità, presso la maggioranza delle persone che ho avvicinato. Lo stesso direttore del Diario della Marina, che mi è stato citato come il nostro più grande amico, che è un paladino della Spagna nazionalista e svolge nel suo importante periodico una quotidiana campagna contro il comunismo, evita nei nostri riguardi assumere un'attitudine apertamente amichevole. Non citerò El Pueblo, El País, la rivista Bohemia ed altri; che hanno un atteggiamento decisamente contrario. Ho cercato di analizzare quali erano le cause che hanno qui creato intorno a noi una barriera massiccia di riserbo, di freddezza e di ostilità; ho interrogato vari italiani che occupano cariche fasciste. Mi è stato risposto che l'atmosfera a noi contraria era stata creata dalla propaganda comunista. Tale risposta mi ha poco soddisfatto perché secondo una mia opinione il comunismo non ha ancora una organizzazione potente, nè ha inquadrato tutte le masse popolari. Il giudizio che mi è stato espresso, ad ogni modo, non spiegherebbe l'atteggiamento di personalità cubane, che non hanno nulla a che vedere col comunismo e che appartengono a classi capitaliste abbienti"[19].

Le osservazioni di Persico erano più che giuste, poiché effettivamente il Partito Comunista Cubano, fondato nel 1925, era di dimensioni alquanto ridotte, non aveva un così grande seguito tra la popolazione, essendo inoltre da forti dissidi interni[20]. In realtà secondo il diplomatico le vere e profonde cause dell'inimicizia della società cubana verso il fascismo erano essenzialmente due: la guerra d'Etiopia e di Spagna. A parte l'atteggiamento ufficiale del governo cubano in seno alla Società delle Nazioni, la causa etiope aveva guadagnato anche la sincera simpatia degli strati più umili dei cubani, soprattutto quelli meticci e di colore[21]. Il che era senz'altro più che plausibile, poiché la stessa cosa avvenne nelle comunità di afro-americani degli Stati Uniti, governo che per altro assunse rispetto al conflitto una stretta neutralità, nonostante gli sforzi di Hailè Selaissè di attrarre Washington dalla propria parte[22]. Del resto anche la stampa cubana non era stata tenera con l'aggressione italiana all'Etiopia e la maggior parte dei periodici dell'isola si era schierata a favore degli etiopici, i quali stavano lottando contro dei colonialisti, come aveva fatto Cuba dal 1868 al 1878 e dal 1895 al 1898 contro la Spagna[23].

La politica internazionale italiana, almeno dal punto formale, strideva anche con l'adesione cubana al Pacto antibélico de no agresión y conciliación, un trattato che, a differenza dell'Italia, la Repubblica cubana aveva ratificato il 6 giugno 1935 e che, pur essendo nato in ambito latinoamericano, era stato ben accolto nella Società delle Nazioni[24].

Anche la Guerra Civile spagnola e la lotta della Repubblica contro Franco avevano fatto presa nell'opinione pubblica cubana, sollecitata secondo Persico dalla "propaganda dei rossi" che era "attiva, costante" e che sapeva

    "... far vibrare le corde necessarie, alimentata da mercanti spagnoli opulenti".

Merito o no della propaganda dei "rossi", Cuba aveva apertamente scelto di appoggiare la parte repubblicana, tant'è che su 1.060 latinoamericani, che si arruolarono volontariamente nelle Brigate Internazionali e che furono inquadrati nella Brigada Lincoln, i cubani, con 136 uomini, figuravano come il terzo gruppo nazionale per importanza numerica dopo i venezuelani (138) ed i messicani (414)[25].

Fulgencio Batista, sebbene la presidenza della repubblica fosse rappresentata da Laredo Brú, era il vero detentore del potere a Cuba e Giovanni Persico lo aveva incontrato diverse volte personalmente, ricevendone una buona impressione. Il dittatore era apparso al diplomatico italiano come avente una "illimitata ammirazione per il Duce ed una intelligente e simpatica comprensione del Fascismo"[26], giudizi che però il colonnello si guardava bene dall'esternare apertamente per motivi di politica interna, ovvero per non scontentare l'opinione pubblica cubana, soprattutto le classi popolari, che costituivano poi il suo principale sostegno.

Nel dicembre del 1937 la stampa cubana si scatenò con una serie di articoli al vetriolo contro l'Italia ed il Duce, costringendo Persico ad elevare una protesta formale al governo di Brú[27]. Il 10 dicembre infatti il diplomatico italiano chiese formalmente al governo cubano di porre un freno alla campagna di offese che parte della stampa rivolgeva contro il Capo del Governo, facendo presente che tutto ciò costituiva

    "... un elemento di disagio nelle relazioni esistenti tra Cuba e l'Italia, che furono sempre improntate, fin dal giorno dell'indipendenza cubana, di uno spirito cordiale di amicizia e di mutua comprensione"[28].

Il Dipartimento di Stato Cubano rispose che avrebbe interessato della questione il Ministero dell'Interno, ma in pratica nessuna misura fu mai presa. Ovviamente a Cuba non esisteva una vera e propria libertà di stampa, tra l'altro non prevista dalla Costituzione del 1901, ed il governo reprimeva gran parte del dissenso al regime che compariva sui giornali. Comunque fosse, la zelante censura cubana non intervenne affatto per far cessare gli attacchi a Mussolini. In sintesi, a Cuba si poteva criticare il fascismo ma non Batista ed i suoi presidenti fantoccio. L'antifascismo del governo cubano poi aveva una sua ragion d'essere, la quale andava ricercata nella sua politica interna, dal momento che il colonnello Batista, nel tentativo di ingrossare le fila del consenso popolare aveva teso una mano al Partito Comunista Cubano, legalizzandolo ed ottenendo il suo appoggio per una nuova Assemblea Costituente, che poi avrebbe varato la Costituzione del 1940[29].

Ma l'opposizione al fascismo fu attuata anche in politica estera e questa volta secondo le direttive e con il pieno avallo di Washington. Dal 9 al 27 dicembre del 1938 si tenne a Lima la VIII Conferenza degli Stati Americani[30], nella quale la delegazione cubana, capeggiata dal ministro Juán Remos, propugnò il principio delle conquiste territoriali avvenute per mezzo della forza e presentò una mozione per condannare le persecuzioni razziali. Non ci poteva essere messaggio più chiaro che specificasse la differenza tra i due Paesi ed a Persico non rimase che affermare che:

    "Nel suo aspetto di politica estera, che trova oggi la sua appariscente manifestazione a Lima, l'estremismo democratico cubano è nettamente influenzato dal Presidente Roosevelt, dopo la visita a Washington del colonnello Batista con il motto difendiamoci dal pericolo degli Stati totalitari"[31].

A parte questo però, non bisogna pensare che tra i due Paesi non esistessero normali relazioni. L'Ambasciata di Cuba a Roma ad esempio sollecitò al Ministero degli Esteri un elenco degli istituti ed enti educativi in Italia per poter intraprendere degli scambi culturali[32]. Certamente ciò non entusiasmò chi si aspettava di diffondere il fascismo nell'isola caraibica, poiché in definitiva il governo cubano sembrava interessato esclusivamente agli aspetti artistici e culturali dell'Italia, ovvero quello che già a suo tempo Macario aveva ritenuto "criminoso" propagandare. Persico si dovette accontentare nei primi mesi del 1940 che l'Instituto Cívico-Militar dell'Avana, una istituzione che offriva ai giovani una formazione paramilitare, adottasse dei volumi sulla Gioventù Italiana del Littorio inviati in omaggio dalla Legazione italiana[33].

Per quanto concerne le relazioni commerciali inoltre va detto che la bilancia degli scambi tra Italia e Cuba pendeva a nostro favore, anche grazie ad un Protocollo addizionale italo-cubano del 29 agosto 1929, aggiunto al vecchio trattato di amicizia, commercio e navigazione stipulato nel 1904. Nel 1938 furono importate a Cuba dall'Italia merci per un valore di 671.666 $ ed esportate verso la penisola solo merci per 51.798 $. Un trend positivo che, anche se non riguardava materiali particolarmente pregiati, continuò sino al giugno del 1940, ossia sino all'entrata in guerra dell'Italia[34]. È in questo contesto che il G.IT.AR. (Gruppo Italiano Armamenti) cercò di vendere alla ditta cubana Moore & Moore dei carri armati leggeri dell'Ansaldo, i C.V. 35, i quali avevano avuto un buon successo in termini di esportazione all'estero dopo l'utilizzo nella guerra in Etiopia ed in Spagna[35]. L'operazione non andò però a buon fine in quanto si scoprì che la ditta cubana

    "... non dava affidamento di curare efficacemente i suoi interessi"[36].

In un secondo tempo si tentò di avvicinare direttamente il governo cubano mediante il Regio Addetto Commerciale residente in Messico, tuttavia, pur avendo ottenuto il nulla osta dal Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra[37], l'affare non fu mai concluso sia per l'avvicinarsi della guerra, sia per l'ostracismo degli Stati Uniti, che naturalmente controllavano rigidamente tutte le forniture militari verso Cuba.

Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale la situazione mutò radicalmente e la Repubblica di Cuba fu attratta ancora di più all'interno della sfera di influenza geo-politica statunitense. Ciò lo si dedusse dagli incontri internazionali inter-americani, i quali stabilirono norme di comportamento verso cui tutti gli Stati sudamericani (eccetto l'Argentina ed il Cile) si conformarono. Alla Prima Conferenza dei ministri degli Esteri dei Paesi americani, tenutasi a Panama dal 23 settembre al 3 ottobre 1939, scaturì una dichiarazione generale di neutralità rispetto al conflitto europeo, ma anche la raccomandazione per tutti gli Stati di prendere le necessarie misure per non permettere nelle Americhe il diffondersi di dottrine che mettessero in pericolo gli ideali democratici[38]. Una raccomandazione senza dubbio importante e che metteva una ipoteca sulla fondazione all'Avana del "Fascio degli Italiani", la cui creazione era stata autorizzata ufficialmente dal governo cubano nel giugno del 1939, ovviamente prima dell'incontro di Panama[39]. Il nulla osta dell'Avana alla creazione di quello che altro non era che una filiale di un partito politico estero desta comunque sorpresa, conoscendo la ritrosia dei cubani per i movimenti antidemocratici. Non siamo riusciti a reperire una documentazione archivistica che possa fornire una valida spiegazione, possiamo però supporre che fosse intervenuto un tacito accordo tra governo cubano ed italiano, per il quale il Fascio si sarebbe occupato solo della comunità degli italiani senza fare propaganda politica a Cuba o tentare ingerenze nella vita politica cubana. Qualche cosa di simile era del resto avvenuto in Messico, un altro Paese dove il fascismo non riuscì mai ad inserirsi[40].

Al momento dell'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940), il governo di Federico Laredo Brú il 18 giugno dichiarò ufficialmente di voler continuare ad intrattenere relazioni amichevoli con il nostro Paese, ma anche che avrebbe mantenuto un stretta neutralità, secondo le leggi del diritto internazionale[41].

La guerra dell'Italia al fianco della Germania nazista non migliorò l'immagine del fascismo a Cuba, anzi aumentarono gli articoli sulla stampa sfavorevoli non solo al regime ma anche verso gli italiani in quanto tali[42]. Una ingiuriosa campagna di stampa che Persico non potette impedire, pur protestando vigorosamente con il Segretario per gli Affari Esteri cubano, il quale neanche rispose[43].

Il secondo incontro dei ministri degli Esteri dei Paesi Americani si tenne proprio all'Avana, dal 21 al 30 luglio 1940. In quella sede non solo si ribadì la lotta contro le ideologie antidemocratiche, ma anche la proibizione di ogni attività politica da parte di cittadini, gruppi o partiti stranieri (Risoluzione VII). Fu inoltre stabilito che qualsiasi violazione della sovranità di uno Stato americano da parte di un altro non americano sarebbe stata considerata come un atto di aggressione da parte di tutti Stati americani (Risoluzione XV)[44]. La Conferenza dell'Avana, che fu seguita nel dettaglio dal ministro Persico[45], fece capire a tutti che se gli Stati Uniti fossero entrati in guerra, anche tutte le repubbliche sudamericane, o quanto meno la maggior parte, avrebbero fatto lo stesso. La nomina a Presidente di Fulgencio Batista (10 ottobre 1940) non influì sulla politica estera generale della Repubblica, che continuò ad essere fortemente influenzata da Washington.

Per quanto riguarda l'Italia è superfluo dire che, nel contesto degli eventi bellici in Europa ed in Africa, Cuba costituiva l'ultimo dei problemi per Mussolini e Ciano. Così, quando il 7 dicembre 1941 gli Stati Uniti furono coinvolti nel conflitto e Cuba dichiarò guerra all'Italia, alla Germania ed al Giappone quattro giorni dopo, tale notizia a Roma venne praticamente ignorata.

A causa dello stato di guerra tra Italia e Cuba, il ministro Persico fu costretto ad evacuare la Legazione e ad abbandonare l'isola imbarcandosi su di un piroscafo spagnolo. La protezione degli interessi italiani a Cuba furono così affidati prima alla Repubblica argentina ed in seguito, nell'aprile del 1942, alla Spagna[46], la quale prese materialmente in consegna dai diplomatici argentini gli archivi, i fondi (185.970,95 $) e la mobilia della Legazione[47]. La comunità italiana fu oggetto di dure misure restrittive e non solo di carattere economico. L'immigrazione italiana a Cuba non era mai stata di grande entità rispetto a quella avvenuta in altri Paesi latinoamericani[48]. Sino al 1931, il censo cubano aveva contato 1.173 italiani residenti a Cuba[49], tuttavia negli anni seguenti il numero era drasticamente sceso, soprattutto a causa della politica anti-immigratoria del governo cubano. Nel 1940 la collettività italiana oscillava tra le 400 e le 600 persone, in gran parte professionisti in discrete condizioni economiche, impresari, costruttori, commercianti ed operai di specifiche categorie, ossia calzolai di Castrovillari (Cosenza), orefici ed argentieri della provincia di Salerno, nonché lavoratori del marmo provenienti da Carrara[50]. Per alcuni di questi la vita a Cuba si fece estremamente dura, infatti il governo cubano emanò delle misure restrittive delle libertà personali per i cittadini che appartenevano ai Paesi in guerra con Cuba. Questi provvedimenti furono specificati nel Decreto Legge n. 3 del 5 gennaio 1942, il quale previde l'internamento per gli stranieri nemici considerati "pericolosi", e l'obbligo della presentazione settimanale all'ufficio di polizia per tutti gli altri. L'internamento poteva essere sostituito dalla deportazione al Paese d'origine o, in casi eccezionali, dal confino o dagli arresti domiciliari[51]. Il governo di Batista internò dieci italiani, ritenuti pericolosi perché implicati con il Fascio locale[52], ed i trentatre membri dell'equipaggio del piroscafo Recca, sequestrato prima della dichiarazione di guerra[53]. Furono tutti rinchiusi in un campo di concentramento nell'Isla de los Pinos (oggi Isla de la Juventud), in condizioni di vita estremamente precarie, con un cattivo regime alimentare, una deficiente assistenza medica e non permettendo neanche al diplomatico spagnolo di fargli visita. Per questo motivo il rappresentante elvetico della Croce Rossa elevò una formale protesta, chiedendo l'applicazione della Convenzione di Ginevra, la cui estensione agli internati civili era stata, fin dal gennaio 1942, riconosciuta dal governo cubano[54]. I dieci italiani, quasi tutti abitanti all'Avana, erano: Pasquale Bruni (calzolaio), Dott. Attilio Di Grigorio (medico), Dott. Pasquale Fontanella (medico), Francesco Grosso (sarto), Piero Rosboch (commerciante), Principe Camillo Ruspoli (proprietario terriero), Francesco Savorelli (commerciante), Felice Siervo (gioielliere), Erminio Tarditi (commerciante) ed infine Conte Giuseppe, di non specificata professione e condannato dalla Sala de Urgencia di Santa Clara per delito contra la Seguridad del Estado[55]. In particolare, il Principe Ruspoli, il cui yatch fu sequestrato e consegnato alla Marina da guerra cubana, fu arrestato su ordine di Batista con l'accusa di essere un

    "... capo fascista italiano America e curante contatti Asse Emisfero Occidentale"[56].

Comunque egli fu l'unico che, in considerazione della sua età e delle condizioni di salute, ebbe un blando trattamento di favore.

Inoltre, subito dopo la dichiarazione di guerra (12 e 16 dicembre 1941), Cuba emanò una serie di decreti legge a carattere economico che colpivano i beni stranieri dei Paesi del "Tripartito" (Germania, Giappone ed Italia). Tali decreti stabilirono: la proibizione di ogni transazione commerciale e finanziaria; la proibizione di trasferire all'estero fondi appartenenti a sudditi od enti dei suddetti Paesi; controllo sulle loro operazioni commerciali e finanziarie; blocco dei fondi italiani sia per i residenti che per i non residenti a Cuba. L'Italia non ebbe praticamente alcun mezzo per opporsi a queste misure, né potette attuare delle misure di ritorsione. Curiosamente l'unico cosa che fece fu quella di proibire l'importazione di un esigua quantità di caffè da parte della Legazione di Cuba presso la Santa Sede[57].

Nonostante reiterate proteste e sollecitazioni presso il rappresentante spagnolo a Cuba, affinché fosse applicata la Convenzione di Ginevra[58], la situazione degli italiani andò comunque migliorando nettamente dopo il marzo del 1943, quando ormai le sorti dell'Italia nel Secondo conflitto mondiale erano già militarmente decise, anche se il fascismo non era ancora caduto. Dopo il 25 luglio, seguendo quanto disposto da Roosevelt per gli italiani internati negli Stati Uniti, quasi tutte le misure restrittive di polizia stabilite contro i nostri cittadini furono revocate e, a partire dal 4 novembre 1943, la maggior parte degli internati, compresi i membri dell'equipaggio del Recca, furono liberati[59]. Cuba fu una delle prime nazioni, assieme al Nicaragua, non solo a liberare i prigionieri civili, ma anche a sospendere le restrizioni economiche.

Anche se nessun trattato di pace era stato ancora concluso con gli Alleati, nel settembre del 1944 sia l'Inghilterra che gli Stati Uniti avevano ripreso i regolari rapporti diplomatici con l'Italia. Il primo governo Bonomi (18 giugno — 25 novembre 1944) pertanto decise di regolarizzare i rapporti anche con i Paesi latinoamericani, molti dei quali avevano per altro favorito la decisione dell'U.N.R.R.A. (United Nations Relief and Rehabilitation Administration)[60] di concedere aiuti economici all'Italia. Furono pertanto interpellati i rappresentanti presso la Santa Sede di Bolivia, Cile, Colombia, Perù, Venezuela ed anche naturalmente di Cuba, Miguel Figueroa y Miranda, Incaricato d'Affari ad interim[61].

Il 25 ottobre del 1944 la Repubblica di Cuba, presieduta da Ramón Grau San Martín, fece sapere tramite il proprio ministro degli Esteri, Gustavo Cuervo Rubio, che era pronta a riallacciare le normali relazioni diplomatiche. Un gesto apprezzabile e che spinse il ministro Bonomi a rispondere che:

    "Nel prendere atto con profonda soddisfazione della decisione della Repubblica di Cuba, il governo ed il Popolo italiano ne traggono la certezza che i rapporti tra i due Stati avranno fecondo sviluppo conforme ai tradizionali vincoli di fratellanza latina ed alle antiche relazioni di amicizia e simpatia tra i due popoli"[62].

Le relazioni diplomatiche tra Cuba ed Italia furono riallacciate ed il governo Bonomi riconobbe come incaricato de facto della tutela degli interessi cubani nel nostro Paese Figueroa y Miranda, sebbene ricoprisse già un'uguale funzione diplomatica presso il Vaticano[63]. Questa premura di ristabilire le relazioni diplomatiche andava ben oltre la "solidarietà latina", poiché in effetti l'Italia aveva drammaticamente necessità di aiuti economici, anche ben oltre di ciò che sarebbe stato stanziato dall'U.N.R.R.A. Lo provano ad esempio i favori di cui fu oggetto nel novembre del 1945 l'ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, Alfonso Forcade y Torrín, per il quale l'ambasciatore italiano a Washington si attivò celermente per fargli ottenere i visti diplomatici per poter giungere in Italia con consorte e cameriera al seguito. Una premura giustificata dal fatto che Forcade aveva preannunciato a Tarchiani che, una volta a Roma, si sarebbe subito messo in contatto con il Ministero degli Esteri italiano per dare avvio alla spedizione di rilevanti soccorsi alimentari da Cuba verso l'Italia, soprattutto zucchero[64].

Dopo che fu decisa la ripresa delle relazioni diplomatiche fra Italia e Cuba, l'ambasciata di Spagna ricevette istruzioni di cessare la protezione degli interessi italiani e, secondo gli accordi tra Roma, Madrid e l'Avana, consegnò il 22 maggio 1945 al governo cubano gli archivi ed i mobili della Legazione italiana. Successivamente, il 4 ottobre 1945, consegnò anche i fondi rimasti (54.616, 22 $). A partire da quella data, il Ministero degli Esteri cubano assunse la gestione del fondo anzidetto e fece fronte alle spese derivanti dalla gestione amministrativa degli interessi italiani. Una situazione anomala che cessò solamente nel marzo del 1946, quando il nuovo ambasciatore italiano, Barone Gioacchino Scaduto Mendola di Fontana degli Angeli, potette presentare le proprie credenziali al governo cubano e ricevere finalmente in consegna tutte le proprietà della Legazione[65].

È interessante notare che la nomina di un nuovo diplomatico italiano all'Avana aveva suscitato grande interesse da parte dell'esigua schiera degli antifascisti italiani a Cuba, riuniti attorno all'"Associazione Italo-cubana Antifascista", organizzazione sorta dopo l'8 settembre 1943, dalla precedente "Alleanza Internazionale Giuseppe Garibaldi", fondata nel 1942. Il presidente ed il segretario dell'associazione, rispettivamente Amedeo Pacifici, barbiere, e Giuseppe Favole Giraudi[66], insegnante di letteratura spagnola, diressero all'ambasciatore Tarchiani a Washington due accorate lettere, nelle quali i predetti misero in guardia il diplomatico sulla comunità italiana a Cuba, a quanto sembra non troppo vicina agli ideali antifascisti, augurandosi anche che il nuovo rappresentante dell'Italia non fosse stato tratto dalle fila dei funzionari del passato regime[67].

L'Associazione italo-cubana Antifascista[68], che poi muterà ancora nome in Asociación Democrática Italocubana Giuseppe Garibaldi, non aveva effettivamente grande seguito tra la comunità italiana, però poteva vantare diverse conoscenze di notevole importanza tra i politici locali e gli stessi membri del governo cubano. Il ministro Scaduto Mendola potette constatare le aderenze dell'Associazione, ed in particolare di Pacifici, quando fu organizzato in suo onore un ricevimento ufficiale presso il Circolo Nazionae dei Giornalisti dell'Avana[69], al quale intervenne l'ex-ministro degli Esteri Remos, che pronunciò un lunghissimo discorso, incentrato sul profondo sentimento di amicizia del popolo cubano per l'Italia. Un discorso nel quale si fece riferimento alla cultura italiana, al Rinascimento, al Risorgimento, come anche all'apporto degli italiani per l'indipendenza di Cuba[70]. Il fascismo insomma era considerato solamente come una parentesi tra due popoli legati da profondi vincoli storici e culturali, cosa che più o meno aveva anche ribadito il Presidente Grau al momento dell'accettazione delle lettere credenziali di Scaduto Mendola[71].

La caduta della Monarchia e l'instaurazione della Repubblica in Italia rafforzò ancora di più il legame tra Roma e l'Avana[72], il quale fu sfruttato dal ministro Scaduto Mendola per far abrogare dal governo cubano le restrizioni adottate in tempo di guerra contro il commercio e l'immigrazione italiana. Le disposizioni in questione erano infatti ancora formalmente in vigore, sebbene una legge del maggio del 1945 avesse escluso ogni restrizione per i cittadini dei Paesi occupati dalle forze dell'Asse. L'opera del rappresentante italiano dette i risultati sperati poiché con il Decreto n. 1424 del 21 giugno 1946, fu concesso ai cittadini italiani di entrare in territorio cubano, previo esame ed autorizzazione della Direzione Generale dell'Immigrazione, una volta provato che l'interessato fosse stato di

    "... idee democratiche e contrarie alle dottrine delle nazioni dell'Asse"[73].

La caduta del divieto di entrare a Cuba per gli italiani poteva essere considerato in teoria un fatto positivo al di là dei rapporti italo-cubani, poiché l'Italia avrebbe potuto sfruttare l'isola come valvola di sfogo per la propria emigrazione. Ma questo solo in teoria, dal momento che in realtà a Cuba rimaneva ancora vigente la severa legge immigratoria generale del 1931[74].

Le relazioni diplomatiche si normalizzarono ancora di più con il Decreto presidenziale n. 1724 del 17 luglio, il quale dispose che l'Italia non dovesse essere più considerato un Paese nemico e che tutte le misure restrittive relative ai beni, alle persone, al commercio ed all'immigrazione fossero abrogate. Tale decreto fu applicato a favore di tutti i cittadini italiani, ad esclusione di coloro contro i quali fossero risultate prove concrete di attività antidemocratiche[75].

Scaduto Mendola si adoperò anche per migliorare le condizioni dei rapporti commerciali tra Italia e Cuba, ottenendo che alle merci italiane importate fosse applicata una tariffa minima. Ciò fu considerato un grande successo, dal momento che tale decisione fu presa dal governo cubano anche se l'Italia non aveva importato quel 50 % dei prodotti esportati da Cuba, che poi era la condizione prevista dal trattato di commercio italo-cubano del 1938[76].

Le ottime relazioni diplomatiche dell'Italia con Cuba si riverberarono su quello che ancora costituiva i principale problema internazionale del primo governo repubblicano De Gasperi (13 luglio 1946 — 20 gennaio 1947), ossia il trattato di pace. Formalmente infatti l'Italia era ancora in guerra con tutte le nazioni che avevano combattuto il nazifascismo. Quando si aprì a Parigi la "Conferenza dei Ventuno" (29 luglio — 15 ottobre 1946), ossia il consesso che riunì Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Unione Sovietica e tutti le altre nazioni che avevano dichiarato guerra ad Italia, Romania, Bulgaria, Ungheria e Finlandia, per redigere lo schema dei trattati di pace. Anche la Repubblica di Cuba fece parte dei Ventuno e l'Italia cercò di sfruttare la ritrovata amicizia con i cubani, come anche quella di altri Paesi latinoamericani, per mitigare le condizioni del trattato di pace. Tra l'altro, della delegazione cubana a Parigi faceva anche parte l'ambasciatore della Repubblica di Cuba a Washington, Guillermo Belt, il quale secondo Scaduto Mendola era un dichiarato amico dell'Italia, nonché

    "... persona influente e abile"[77].

Certamente si sapeva che il compito era tra i più difficili, in quanto la Conferenza dei Ventuno aveva solo poteri consultivi e poteva emanare raccomandazioni sui progetti del trattato a maggioranza semplice o di 2/3, suggerimenti che poi i "Quattro grandi" avrebbero valutato in sede di redazione dei trattati.

La delegazione di Cuba premette per far ottenere all'Italia una pace più giusta ed equa possibile e soprattutto che essa non apparisse come un diktat, al punto che lo stesso De Gasperi pregò Scaduto Mendola di ringraziare il governo cubano per la solidarietà dimostrata durante la Conferenza[78]. Tuttavia si sapeva che sarebbe stato difficile mutare le intenzioni dei "Quattro grandi", i quali avevano deciso sin dal giugno precedente lo schema del trattato di pace[79]. Infatti la bozza del trattato di pace che uscì dagli incontri parigini fu estremamente dura per l'Italia ed a nulla valsero gli appoggi di Cuba e di pochi altri Paesi latinoamericani.

Cuba non figurava tra i Paesi elencati dal preambolo del trattato di pace[80], pertanto aveva due opzioni, ossia: avvalersi da quanto disposto dall'art. 77 (Parte XI, Clausole finali)[81], secondo il quale "ogni altro membro dell'ONU in guerra con l'Italia e che non è firmatario del presente trattato, e l'Albania, può accedere al presente trattato e sarà considerato, dal momento della sua adesione, come Potenza associata per l'applicazione del presente trattato"[82], oppure stipulare un separato accordo bilaterale. L'Avana scelse quest'ultima opzione, cercando anche di coinvolgere, con sondaggi confidenziali, altri Paesi dell'America latina e di creare un fronte astensionista collettivo[83]. Sebbene ciò non cambiasse le pesanti condizioni imposte dagli Alleati, fu un gesto assai apprezzato dalla diplomazia italiana, la quale confidò che anche altre nazioni latinoamericane avrebbero seguito l'esempio di Cuba[84]. Ma l'astensione collettiva non ebbe mai luogo e d'altra parte questa era stata una eventualità in cui pochi credevano. Zoppi, Direttore Generale degli Affari Politici, ben sapeva che l'atteggiamento di Cuba aveva ragione d'essere poiché:

    "Codesto Paese non ci reclama nulla e quindi è disposto ad una pace bianca mentre gli altri due Paesi latinoamericani in guerra con noi (a parte le piccole repubbliche dell'America Centrale, il cui peso politico è assai scarso) e cioè Brasile e Messico hanno un interesse a partecipare al trattato"[85].

Il Trattato definitivo di Pace fu firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, con la riserva sospensiva che la ratifica finale sarebbe spettata all'Assemblea Costituente italiana.

Il 30 giugno 1947 fu firmato così il Trattato di Pace tra Italia e Cuba[86], il quale, reso esecutivo nel nostro Paese con la legge n. 1442 del 27 novembre 1947, entrò poi ufficialmente in vigore con lo scambio delle ratifiche avvenuto il 6 gennaio 1951 all'Avana. Si compiva così l'ultimo atto che suggellò l'amicizia italo-cubana e che forse costituì uno dei pochi atti di politica estera della Repubblica cubana compiuti in autonomia da Washington.

I governi cubani del "primo batistato" non furono certo un modello di democraticità, anzi si caratterizzarono per essere instabili, endemicamente corrotti e politicamente immaturi, tuttavia si mantennero sempre estranei al fascismo. Come anche in altri Stati latinoamericani, il caudillismo cubano si dimostrò quindi avulso dalle logiche dell'autoritarismo europeo e non solo per l'influenza nordamericana.

Dei rapporti ufficiali tra l'Avana e Roma svoltisi nel biennio 1946-47, colpisce il costante riferimento alla solidarietà espressa dall'Italia per la causa dell'indipendenza di Cuba nella guerra del 1895-98. I cubani non persero mai occasione per ricordare l'appoggio italiano per Cuba libre, dimenticando, o forse non lo avevano mai saputo, che in Italia il movimento a favore dell'indipendenza cubana aveva interessato solo una minima parte dell'opinione pubblica, ovvero quella appartenente all'"estrema sinistra" dell'epoca (repubblicani, socialisti e radicali). Ma non solo; di tale solidarietà nel nostro Paese si era persa ormai memoria e non è escluso che lo stesso Scaduto Mendola non ne avesse mai sentito parlare se non a Cuba.


    Note

    1. F. TAMBURINI, I volontari italiani per la libertà di Cuba, in "Latinoamerica", n. 53, Roma, 1994, pp. 83-93. F. TAMBURINI, L'indipendenza di Cuba nella coscienza dell'"estrema sinistra" italiana (1895-1898), in "Spagna contemporanea", Alessandria, a. IV, n. 7, 1995, pp. 39-80.

    2. A. ALBONICO, Italia y América, Madrid, MAPFRE, 1994, pp. 165-167.

    3. Sulla politica statunitense a Cuba i testi sono molti. Uno per tutti M.J. MAZARR, Semper Fidel: America and Cuba (1776-1988) , Baltimore, Nautical & Aviation Co., 1988.

    4. G. GONZALEZ PERAZO, Machado: crímenes y horrores de un régimen, La Habana, Cultural S.A., 1933; A. LAMAR SCHWEIER, Como cayó el presidente Machado, Madrid, Espasa Calpe, 1944.

    5. Per una disamina di questo periodo della storia cubana, chiamato anche "primo batistato", vedasi l'ottimo, seppur ormai datato, H. THOMAS, Storia di Cuba (1762-1970), Torino, Einaudi, 1973.

    6. "I rapporti fra Cuba e gli Stati Uniti, dal punto di vista teorico sono — credo — fra i più originali che esistono nel Diritto pubblico internazionale, giacché in virtù della così detta Emmenda Platt, un Paese libero e sovrano (Cuba) riconosce ad un altro Paese (Stati Uniti) il diritto di intervenire nelle sue cose quando quest'ultimo lo giudichi opportuno (...) Ad un osservatore europeo, soprattutto italiano, non può recare grandissima meraviglia e sorpresa il fatto che vi siano cubani che invochino l'intervento e l'occupazione straniera nel proprio Paese". Archivio Storico-Diplomatico del Ministero Affari Esteri (da ora in poi ASDMAE), Affari Politici, 1930-1945, Cuba (da ora in poi APC), b. 1, Telesp. n. 71/20, 21 gennaio 1933, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri. L'"Emendamento Platt", ideato dal Segretario di Stato Elihu Root e presentato al Senato dal senatore del Connecticut, Orville Platt, si componeva di otto articoli, nei quali, tra le altre cose, si prevedeva il divieto per Cuba di cedere parti del proprio territorio nazionale a Potenze straniere, concedeva agli Stati Uniti l'uso di una base navale (Guantánamo) ed il diritto di intervenire nell'isola quando il governo cubano non fosse stato in grado di proteggere la vita o la proprietà privata. Sull'Emendamento Platt vedasi: L. A. PEREZ, Cuba under the Platt Amendament (1902-1934), Pittsburgh, University of Pittsburgh Press, 1986.

    7. L'"Emendamento Platt" fu ufficialmente abolito (tranne l'uso della base a Guantánamo) il 29 maggio 1934 sotto il governo di Carlos Mendieta, soprattutto grazie alla Good neighbor policy di Franklin Delano Roosevelt.

    8. Sull'opera di Grau vedasi: A. LANCIS Y SANCHEZ, Grau estadista y político: 50 años en la historia de Cuba, tributo a su memoria, Miami, Ed. Universal, 1985; M. HERNANDEZ-BAUZA, Biografía de una emoción popular: el Dr. Grau, Miami, Ed. Universal, 1987.

    9. ASDMAE, APC, b.1, Telesp. Riservato n. 8/25, 1 febbraio 1934, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri. Nicola Macario reggeva la Legazione all'Avana come inviato straordinario e ministro plenipotenziario dal 19 settembre 1933.

    10. Il governo Grau rimase in pratica isolato internazionalmente poiché fu riconosciuto solo da Messico ed Uruguay.

    11. ASDMAE, APC, b. 2, Telesp. n. 7/33, 26 gennaio 1935, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    12. ASDMAE, Affari Politici 1931-1945, Etiopia Fondo di Guerra (da ora in poi EFG), b. 116, f. 10, Atteggiamento di Cuba; ASDMAE, Affari Politici 1931-1945, Italia, b. 35, f. 1, Sanzioni. Atteggiamento dei vari Stati da Bolivia a Cuba.

    13. ASDMAE, APC, b. 3, Particolare, n. 32/48, 13 febbraio 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri (Comm. Emanuele Grazzi).

    14. "Ieri sera cinque individui di razza di colore irruppero nella sala delle radiodiffusioni mentre che alcuni nostri connazionali, quali il dott. Paolo Nicolai, il sig. Dal masso ed altri, erano intenti al loro lavoro, scaricarono otto colpi di rivoltella calibro 45, che fortunatamente non fece alcuna vittima. Tale attentato evidentemente dimostra la rabbia impotente dei non pochi nemici dell'Italia Fascista e l'efficacia della nostra propaganda che essi non possono ormai contrastare che soltanto avvalendosi di mezzi violenti e briganteschi. Il contegno dell'agente di polizia, che doveva vigilare alla sicurezza della stazione fu deplorevole poiché egli invece di respingere l'attacco e reagire si rinchiuse nella cabina di trasmissione, aspettando molto poco coraggiosamente che gli assaltanti se ne fuggissero, dopo aver compiuto la loro brillante gesta... Gli assaltanti non sono stati ancora identificati ma appartengono certamente a questi circoli comunisti e filoetiopici". ASDMAE, APC, b. 2, Telesp. n. 215645, 8 maggio 1936, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    15. ASDMAE, APC, b. 3, Particolare, n. 32/48, 13 febbraio 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri (Comm. Emanuele Grazzi).

    16. Ibidem.

    17. ASDMAE, APC, b. 3, rapp. n. 162/62, 25 febbraio 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri

    18. Giovanni Persico aveva assunto la qualifica di inviato straordinario e ministro plenipotenziario dell'Italia all'Avana il 2 luglio 1937.

    19. ASDMAE, APC, b. 3, Telesp. Riservato, n. 609/275, 7 settembre 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    20. S. DE SANCTIS, Appunti sul Partito Comunista Cubano dalla nascita alla rivoluzione castrista (1925-1958) in "Rivista Storica del Socialismo", 28 maggio 1966, pp. 180-210.

    21. "La guerra italo-etiope, secondo quanto ho qui riscontrato, ha avuto forti ripercussioni nelle classi proletarie cubane, composte in gran parte di negri e di meticci. A questa gente ignorante la nostra guerra è apparsa come sopraffazione dei negri e forse non è stato qui compreso che coloro che torturavano, razziavano e vendevano come schiavi i negri dell'Etiopia, appartenevano appunto a quella classe dominatrice vinta dalle nostre truppe". ASDMAE, APC, b. 3, Telesp. Riservato, n. 609/275, 7 settembre 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    22. Markus Garvey, leader del Black Nationalism durante il conflitto italo-etiopico disse: "Noi marceremo per schiacciare il cane italiano". J.P. DIGGINS, L'America, Mussolini ed il Fascismo, Bari, Laterza, 1972, pp. 375-408; A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale: La conquista dell'Impero, Milano, Mondadori, 1994, pp. 328-329 e pp. 372-375.

    23. ASDMAE, EFG, b. 36, f. 10, Commenti della Stampa sul conflitto italo-etiopico in Cuba (1935); b. 125, Stampa di Cuba (1936).

    24. Tale trattato è anche conosciuto come Pacto Saavedra Lamas, dal nome del cancelliere argentino che lo aveva ideato, ed era stato inizialmente sottoscritto a Río de Janeiro il 10 ottobre 1933. Il patto, che prevedeva tra l'altro la condanna delle guerre d'aggressione, il non riconoscimento delle occupazioni territoriali con le armi e la risoluzione con mezzi pacifici delle vertenze, fu firmato da 21 nazioni, tra cui anche l'Italia il 14 marzo 1934. J.A. LANUS, Aquel apogeo: Política internacional argentina (1910-1939), Bueno Aires, Emecé, 2001, p. 236.

    25. A. CASTELLS, Las Brigadas Internacionales de la Guerra Civil Española, Barcelona, Ariel, 1974, pp. 379-380. R. NICOLAU GONZALEZ, Cuba y la defensa de la República Española (1936-1939) , La Habana, Ed. Política, 1981.

    26. ASDMAE, APC, b. 3, Telesp. Riservato, n. 609/275, 7 settembre 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    27. "Ho l'onore di informare l'Eccellenza Vostra che, in questi ultimi tempi, la campagna antifascista è entrata a Cuba in una fase di pericolosa recrudescenza, assumendo spesso il tono di grossolani e indecenti attacchi alla persona del Capo del Governo. Segnalo tra i giornali il quotidiano patria, organo del partito rivoluzionario cubano autentico, che fa capo all'ex Presidente della Repubblica Grau San Martin, e la rivista filo-comunista "Bohemia"". ASDMAE, APC, b. 3, Telesp. n. 843/383, 16 dicembre 1937, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    28. ASDMAE, APC, b. 3, nota n. 828, 10 dicembre 1937, da Legazione all'Avana a Ministero degli Esteri cubano.

    29. H. THOMAS, Storia di Cuba, op. cit., pp. 519-520.

    30. La Conferenza di Lima tra le altre cose statuì la solidarietà tra Stati americani in caso di aggressione di un Paese straniero. G. CONNEL-SMITH, The inter-american system, London, Oxford University Press, 1966, pp. 104-108.

    31. ASDMAE, APC, b. 3, Telesp. n. 1202/389, 12 dicembre 1938, da Legazione all'Avana a Ministero degli Esteri.

    32. "La Legación de Cuba saluda muy atentamente al Real Ministerio de Negocios Extranjeros, y tiene el honor de expresarle que, para satisfacer los deseos del Gobierno de la República, desearía obtener una relación de las Universidades, Instituciones técnicas o científicas, bibliotecas nacionales o particulares, Museos y qualquier otro centro educativo existente en Italia". ASDMAE, APC, b. 3, Nota verbal n. 18, 1 giugno 1938, da Legazione di Cuba a Roma a Ministero Affari Esteri. Questo interessamento portò a poche collaborazioni in campo culturale, tra le quali possiamo ricordare quella del famoso entomologo Prof. Mario Tirelli, il quale tenne dei corsi di sericultura a Cuba. ASDMAE, APC, b. 4, Nota verbal n. 32, 11 settembre 1939, da Legazione di Cuba a Roma a Ministero Affari Esteri.

    33. "In occasione della festa nazionale cubana, sabato scorso alla presenza di Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, delle alte cariche dello Stato e del Corpo Diplomatico ebbe luogo una rivista militare. Per la prima volta sfilarono dopo le truppe le istituzioni giovanili tra cui primeggiavano i 1200 allievi dell'Istituto civico-militar, molto applauditi per l'ottima disciplina ed organizzazione. S.E. il dott. Campa, Segretario di Stato, mi ha fatto rilevare con espressioni di simpatia verso l'Italia, che tale Istituzione era stata creta sul modello delle organizzazioni giovanili fasciste ed erano stati utilizzati con molto profitto i volumi inviti dalla R. Legazione". ASDMAE, b. 5, Telesp. n. 299/57, 27 febbraio 1940, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri e Ministero della Cultura Popolare.

    34. Nel 1939 furono importate dall'Italia merci per 986.653 $ ed esportate 389.654; nel primo semestre del 1940 invece rispettivamente 895.555 $ e 274.633 $. I prodotti italiani importati a Cuba erano, in ordine di importanza: tessuti di lana e rayon, filati, cucirini da ricamo, calzini per bambino, nastri e passamanerie, prodotti chimici e farmaceutici, marmi, carta da sigarette, prodotti alimentari (noci, mandorle, olio, d'oliva, piselli, asparagi), vermouth, cappelli di feltro e lana, forme per cappelli da uomo, cappelli di fibra. ASDMAE, APC, b. 4, Telesp. n. 631, 7 agosto 1941.

    35. I carri C.V.35, o L3 (35), erano piccoli tank biposto da 3,3 tonnellate con due mitragliatrici leggere ed erano stati venduti a numerosi Paesi tra cui Afghanistan, Brasile, Bolivia, Cina, Iraq. I C.V. 35 si rivelarono totalmente inadeguati in confronto con i carri armati di fabbricazione sovietica durante la Guerra Civile spagnola. C. FALESSI, B. PAFI, Veicoli da combattimento dell'esercito italiano (1939-1945) , Genova, Intirama, 1976, pp. 25-73.

    36. ASDMAE, APC, b. 4, prot. n. 000948, 3 aprile 1939, da G.I.T.A.R. a Ministero Affari Esteri, Commissariato Generale per le fabbricazioni di Guerra, Ministero per gli Scambi e le Valute.

    37. "Nulla osta da parte di questo Commissariato Generale a che vengano fatte offerte, corredate della relativa documentazione tecnica e vengano iniziate trattative per la fornitura di cui all'oggetto. La eventuale esecuzione della commessa, che dovrà essere preceduta dalle autorizzazioni di questo Commissariato Generale, non dovrà in alcun modo intralciare o ritardare analoghe commesse in corso per le Forze Armate Nazionali". ASDMAE, APC, b. 4, prot. n. 6400/S, 7 aprile 1939, da Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra a Ministero Affari Esteri e Ministero della Guerra.

    38. G. CONNEL-SMITH, The inter-american system, op. cit., pp. 111-112.

    39. Il Segretario del Fascio era tale Guido Campilli. ASDMAE, APC, b. 4, Tel. n. 12257, 29 giugno 1939, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    40. Sul fascismo in Messico vedasi l'esaustivo quanto eloquente articolo di F. SAVARINO, Ai confini della latinità: Presenza del fascismo italiano in Messico (1922-1935), in "Africana, Rivista di Studi Extraeuropei", a. VII, 2001, pp. 131-153.

    41. "Por cuanto el estado de guerra que existe en Europa se ha extendido infortunadamente al Reino de Italia según notificación recibida oficialmente por este gobierno, nación que Cuba mantiene relaciones amistosas: por cuanto los principios universalmente reconocidos del derecho internacional imponen a los Estados no beligerantes la obligación de declarar su neutralidad que constituye la situación jurídica de los Estados que no toman parte en las hostilidades, situació que crea derechos e impone deberes de imparcialidad. por tanto hago saber que por medio de la presente proclama la decisión del Gobierno de Cuba de que mientras dure el estado de guerra entre las naciones que actualmente intervienen en la contienda o entre algunas de ellas el gobierno de la República mantendrá la más estricta neutralidad de acuerdo con los principios generales del Derecho internacional relativas a los derechos y deberes de los neutrales en caso de guerra". Gaceta Oficial, n. 417, a. XXXVIII, Tomo VI, 18 giugno 1940, pp. 12763-12764.

    42. Vedasi ad esempio l'articolo apparso su "Luz", giornale del Partido Revolucionario Auténtico, facente capo all'ex Presidente Grau, in esilio all'estero: "He vivido en Italia y entre los italianos. Y conozco sobradamente la psicología de ese pueblo. El italiano no es un pueblo de grandes cualidades. (...) Existen italianos decentes y honrados pero no viven en Italia y residen en el extranjero. Siguiendo un curioso ejemplo cuya obscenidad me impide expresar aquí, los italianos llaman sucios a todos los demás pueblos, para llevar la delantera en el justo enjuiciamiento de los demás para con ellos. Los italianos son muy peleantes pero sólo de palabras, como las mujerzuelas. Es muy corriente el ver cada día infinidad de riñas callejeras. Gritan y gesticulan, más no se hacen nada. Tienen el cuidado de hacerlo en lugares donde haya público para que los espectadores los separen antes de agredirse. Vociferan diciéndose uno al otro que va a empuñar el cuchillo. Esto lo repiten una y mil veces al tiempo que se lo buscan. Pero no se lo encuentran. Precisamente ese día se lo han olvidado en casa". P. ROMERO, Psicología del pueblo italiano, in "Luz", 17 giugno 1940.

    43. ASDMAE, APC, b. 5, Telesp. n. 875/182, 19 giugno 1940, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    44. G. CONNEL-SMITH, The inter-american system, op. cit., pp. 112-116.

    45. ASDMAE, APC, b. 4, rapporto n. 1066/223, 2 agosto 1940, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    46. ASDMAE, APC, b. 5, Circolare n. 10, 1 marzo 1942, Elenco degli Stati in guerra, in rottura od in sospensione delle relazioni diplomatiche con l'Italia.

    47. ASDMAE, APC, b. 6, f. 2, 7, 16, Protezione interessi italiani in Cuba. Gli interessi di Cuba in Italia furono invece seguiti dalla Svizzera.

    48. F. TAMBURINI, La colonia italiana a Cuba (1884-1902) , in "Africana, Rivista di Studi Extraeuropei", a. V, 1999, pp. 137-145.

    49. A. ORAMAS CAMERO, Italianos en Cuba, in "Bohemia", a. 89, n. 11, 24 maggio 1997, pp. 24-25.

    50. Le difficoltà di conoscere il numero esatto di cittadini italiani a Cuba risiede nel fatto che molti di loro avevano acquistato la cittadinanza cubana prima e dopo la guerra: alcuni per mantenere il loro impiego in seguito alla legge sulla nazionalizzazione del lavoro, altri per ovviare alle misure di guerra contro i cittadini nemici. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 649/140, 12 agosto 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri. Ricordiamo inoltre che la Costituzione del 1940 (art. 12), in virtù del così detto ius solis, considerava cittadini cubani tutti coloro che erano nati a Cuba da genitori stranieri.

    51. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 306/59, 3 giugno 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    52. Il governo di Batista fu piuttosto severo nella repressione di eventuali fonti di intelligence operanti per l'Asse. Va infatti ricordato che a Cuba, il 10 novembre 1942, fu giustiziata l'unica spia nazista di tutta l'America Latina, ovvero Heinz August Lüning, che trasmetteva dall'Avana messaggi per la Kriegsmarine, relativi ai movimenti del naviglio alleato nei Caraibi. L.B. ROUT jr., J.F. BRATZEL, The shadow war: German espionage and United States counterspionage in Latin America during World War II, Maryland, University Publications of America, 1986, pp. 254-256.

    53. Hugh Thomas parla di 1.370 italiani internati nella Hacienda Torres a 40 km dall'Avana, tuttavia, alla luce delle fonti archivistiche, tale numero appare alquanto esagerato. H. THOMAS, Storia di Cuba, op. cit., p. 534.

    54. ASDMAE, APC, b. 6, f. 6, Prigionieri di guerra ed internati civili, Appunto n. 004400/59, 4 gennaio 1943, diretto alla Direzione Generale Affari Generali — IV e per conoscenza Direzione Generale Affari Transoceanici, Ufficio prigionieri di guerra. L'Ambasciata italiana a Madrid richiese a Roma dei fondi per inviare soccorsi a donne e bambini familiari degli internati, ex-combattenti della Prima Guerra mondiale che erano il loro unico sostegno. Ibidem, Tel. n. 19367, 23 giugno 1942, da Ambasciata a Madrid a Ministero Affari Esteri.

    55. ASDMAE, APC, b. 6, Rapp. n. 260, 12 novembre 1943, da Ambasciata di Spagna all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    56. ASDMAE, APC, b. 6, Tel. n. 2772, 24 aprile 1942, da Ambasciata a Lisbona a Ministero Affari Esteri.

    57. "La Legazione di Cuba presso la Santa Sede ha inviato direttamente a questo R. Ministero l'acclusa richiesta per franchigia doganale. Poiché la Repubblica di Cuba è in guerra con l'Italia si prega di volerla restituire alla Segreteria di Stato, alla quale codesta Ambasciata potrebbe far presente, ove lo ritenesse opportuno, che la quantità di 307 kg. Di caffè indicati nella richiesta stessa, appare alquanto superiore al fabbisogno della predetta Legazione". ASDMAE, APC, b. 6, Tel. n. 64743/5, 31 luglio 1942, da Ministero Affari Esteri ad Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.

    58. "La Direzione Generale scrivente riterrebbe opportuno insistere presso l'Ambasciata ed il Consolato di Spagna in Cuba, che tutelano i nostri interessi in quella Repubblica, perché rinnovino a quel Governo la richiesta di visitare i campi degli internati e perché chiedano giustificazioni in caso di rifiuto. Questa Direzione Generale riterrebbe pure opportuno pregare le medesime Rappresentanze di Spagna in Cuba a rinnovare presso quel Governo la richiesta di conoscere il suo atteggiamento in merito all'applicazione in quanto applicabile agli internati civili della Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra". ASDMAE, APC, b. 6, Appunto Riservato 34/R 1086, Direzione Generale Italiani all'Estero.

    59. L'unico a non essere liberato immediatamente fu Giuseppe Conti, tuttavia il 2 novembre del 1943 fu istruita una causa per la revisione del processo. ASDMAE, APC, b. 6, Rapp. n. 260, 12 novembre 1943, da Ambasciata di Spagna all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    60. L'U.N.R.R.A. fu fondato nel 1943 per aiutare i paesi liberati dal nazifascismo. Tra il 1944 ed il 1946 furono spesi 4,5 miliardi di dollari, concentrati soprattutto in Albania, Grecia, Italia, Polonia e Cina. L'Italia, nel triennio 1945/1947 fu al quarto posto tra i beneficiati con 500 milioni di dollari. G. WOODBRIDGE, UNRRA: The history of the United Nations Relief and Rehabilitation Administration, 3 voll., New York, Columbia, 1950.

    61. ASDMAE, APC, b. 6, Tel. n. 1759, 29 settembre 1944, da Ministero Affari Esteri ad Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.

    62. ASDMAE, APC, b. 6, Tel. n. 2148/53, 29 ottobre 1944, da Ministero degli Esteri a Ministro de Estado all'Avana.

    63. ASDMAE, APC, b. 6, Appunto del Cerimoniale del Ministero Affari Esteri n. 2095/216, 29 ottobre 1944.

    64. ASDMAE, APC, b. 6, Tel. n. 14280, 16 novembre 1945, da Ambasciata a Washington a Ministero Affari Esteri.

    65. Alla cerimonia della presentazione delle credenziali, che ebbe una grande eco in tutta la stampa cubana, presenziò il Presidente Grau ed il ministro di Stato Alberto Inocente Alvarez. Scaduto Mendola inoltre, accampagnato da una rappresentanza della comunità italiana, collocò una corona di fiori alla statua di José Martí nel Parque Central dell'Avana. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 56/5, 20 marzo 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri; El ministro de Italia hará una ofrenda floreal a Martí, in "El Mundo", 15 marzo 1946.

    66. Giuseppe Favole Giraudi era nato a Fossano (Cuneo) il 1 maggio 1901. Studente di medicina a Torino nel 1922 fu costretto ad abbandonare l'Italia per le sue attività antifasciste e ad emigrare in Germania ed infine a Cuba nel 1923. Laureatosi all'Avana in Lettere e Filosofia, fu nominato professore in un istituto dell'Avana. ASDMAE, APC, b. 6, Appunto sull'Associazione Antifascista italo-cubana, senza data.

    67. Scrisse il Favole Giraudi: "È inutile che io le dica il calvario che ho dovuto sopportare con le autorità diplomatiche italiane a Cuba, che mi hanno sempre mantenuto al margine, diffamandomi molte volte presso i membri della colonia italiana locale per le mie manifestazioni costanti contro l'odiato regime dell'Italia fascista. Sarà bene tuttavia che io le manifesti che il numero degli italiani antifascisti a Cuba è ben esiguo. Riuniti in Associazione allo scoppiare della guerra, abbiamo fatto tutto quello che ci fu possibile per contrapporsi alla propaganda ufficiale italiana e siamo riusciti ad acquistare ben presto la stima dei cubani. Sono certo che il nuovo Ministro d'Italia sarà stato nominato fra gli antifascisti sinceri. Ma quello che ci rattrista è il pensiero di ricevere un console che abbia saputo abbindolare le autorità del Ministero degli Esteri; che sia una di quelle canaglie tipo Guido Campilli e Maggiore Rinaldi probabilmente convertiti in antifascisti dell'ultim'ora e che vengano di nuovo qui a dettarci legge come lo facevano prima con il regime fascista. ASDMAE, APC, b. 6, 7 maggio 1945, da Associazione Italo-cubana Antifascista ad Ambasciata a italiana a Washington.

    68. L'associazione aveva pubblicato anche una sorta di vago e generale proclama politico nel quale essa dichiarava: "1) Estamos por la libertad de reorganización del estado italiano, dentro del programa democrático, que se ajusta a nuestras tradiciones; 2) Estamos por el mantenimiento integral de los principios de derecho público, entre cuyos expositores figuran muchos italianos, cuyo nombre es innecesario repetir; 3) Estamos contra toda intención de conquista tanto de parte de elementos fascistas, si pudieran proponérselo y contra todo intento de desmembración de nuestro territorio, proceda de quien proceda; 4) Estamos en favor de que todas las rectificaciones de fronteras se efectúen de acuerdo con los principios del derecho internacional, de conformidad con las discusiones en ambiente de paz, fuera de toda violencia o imposición y consultando a las poblaciones afectadas; 5) Queremos que se reconozcan los derechos históricos de Italia a la posesión de todas las garantías de seguridad, integridad y cooperación propias de las comunidades civilizadas, puesto que el pueblo italiano jamás apoyó ninguna política de agrsión en que pudiera caer el régimen demagógico del fascismo". ASDMAE, APC, b. 6, Declaración de la Asociación Italo-cubana antifascista, documento dattiloscritto senza data.

    69. "A las cinco de la tarde de hoy será ofrecido un ponche en la Asociación de Reporters de la Habana a su Excelencia el Barón de Fontana degli Angeli, Signor Gioacchino Scaduto Mendola, nuevo Ministro plenipotenziario de Italia en nuestro país. El referido acto será un cálido testimonio de simpatía y consideraciones que le serán tributadas al diplomático de aquella nación con la que siempre Cuba mantuvo muy estrechas relaciones amistosas sin olvidar que algunos de sus hijos valientes y buenos cooperaron a la emancipación de nuestra Patria. Pero debemos hacer mención especial de quien ha sido el líder magnífico en la realización del acontecimiento: el señor Amadeo Pacifico Bevilacqua, presidente de la Asociación Democrática italocubana Giuseppe Garibaldi, amigo de la mejor intimidad de nuestro director Señr Alberto Aragonés. Queremos aprovechar la oportunidad para referirnos aunque brevemente a la figura realmente interesante del señor Pacifico, patriota de valiosos quillates y defensor fervoroso de la causa democrática". Homenaje al Ministro de Italia, Será esta tarde. Lo organiza al señor Amedeo Pacifico líder democrático, in "Avance", 8 aprile 1946.

    70. "La cultura y la historia unieron nuestros pueblos; sólo un accidente (y como accidente, circunstancial), pudo romper el ritmo de la amistad de Italia verdadera, de la Italia de Cavour, de Mazzini y de Garibaldi; de la Italia que lloró con los mambises la muerte de Maceo, jamás se nubló en nuestros corazones. Tras las varas del Fascio, no se disbujaron nunca las siluetas de aquéllos que, representando la Italia genuina, sintieron y mantuvieron el espíritu legendario que dió fisionomía y personalidad inconfundibles a la nación libérrima del derecho y a la patria elegida del arte, cuyas luces brillan desde las lejanías del Medioevo y se intensifican y expanden desde las cimas del Renacimiento, para alumbrar los ámbitos de una vasta cultura que alienta por siglos (...)". ASDMAE, APC, b. 6, f. 3, copia dattiloscritta del discorso dell'ex-ministro J. Remos.

    71. Anche Grau San Martín ricordò le manifestazioni di simpatie manifestate nel Parlamento italiano all'epoca della seconda guerra d'indipendenza di Cuba, che egli riteneva "indelebili nella memoria e nel cuore dei cubani", i quali durante il fascismo avevano "sempre saputo discernere quali fossero i veri sentimenti del popolo italiano." ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 56/5, 20 marzo 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    72. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 423/80, 26 giugno 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    73. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 498/105, 18 luglio 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    74. A parte gli imprenditori ed i commercianti, la legge permetteva solo a poche categorie di lavoratori di entrare a Cuba, ossia coloro che lavoravano a domicilio con i familiari, i domestici, gli operai specializzati, che non potevano essere sostituiti dai cubani. Questi soggetti dovevano poi adempiere le seguenti formalità: domanda al Direttore Generale dell'Immigrazione, fatta da una persona od ente con domicilio a Cuba; garanzia data con atto notarile da parte di due persone solvibili; deposito di 500 $ alla Direzione Generale dell'Immigrazione. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 648/139, 10 agosto 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    75. "Durante las luchas redentorias por las libertades patrias se manifestó una estrecha afinidad ideológica entre la República en armas y la nación italiana, que tuvo su raiz en los antecedentes espirituales de ambos pueblos y en el apoyo moral y material que prestó Italia a la causa de la Revolución cubana de la cual fue hermoso exponente la memorable proclamación pública de pésame a la muerte del Lugarteniente General Antonio maceo. esos vículos históricos se plasmaron al advenimiento de la República Cubana en un Convenio de Amistad, navegación y Comercio entre los dos países dejando a salvo ante cualquier circumstancia adversa del futuro los sentimientos amistosos que para siempre debían unir a ambos pueblos y ciertos derechos de las nacionales cubanos a italianos. El estado de guerra entre Cuba e Italia no se proyectó nunca contra el pueblo italiano, sino contra el régimen fascista que al conculcar sus libertades le impuso las tendencias internas e internacionales del Eje. Tan pronto el pueblo italiano se vió libertado del régimen fascista, coadyuvó a la acción de guerra de las Naciones Unidas en la medida de sus posibilidades y organizó al país dentro del sistema democrático con todos sus atributos e instituciones. (...) Resuelvo: Declarar excluida a la República Italiana de la consideración de país enemigo y aplicar las mismas exenciones otorgadas por el decreto n. 1510 de 30 de mayo 1945 a los países que fueron ocupados o controlados por el enemigo en la última guerra y en consecuencia quedarán libertados los nacionales de Italia de las disposiciones vigentes que controlaban sus bienes y actividades económicas, sociales, medidas de policía, así como referentes al régimen de ciudadanía y demás que se veía aplicando como a los súbditos de país enemigo. Los nacionales de Italia contra los cuales existan antecedentes concretos de que son contrarios a las doctrinas democráticas, deberán quedar sometidos al régimen de vigilancia y protección que prescriben las disposiciones vigentes". Gaceta Oficial de la República de Cuba, a. XLIV, n. 174, 29 luglio 1946, p. 14693.

    76. Il Trattato di commercio del 1938 ricalcava la legge n. 14 del 15 marzo 1935, intesa ad assicurare un minimo di sbocchi alle esportazioni cubane ed a ristabilire l'equilibrio della bilancia commerciale di Cuba, compromesso in quel periodo da una lunga crisi. ASDMAE, APC, b. 6, Telesp. n. 858/92, 21 settembre 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    77. Documenti Diplomatici Italiani, Serie X (1943-1948), da ora in poi DDI, Vol. IV, 13 luglio 1946 — 1 febbraio 1947), Roma, IPZS, 1994, doc. n. 158, 15 agosto 1946, da Legazione all'Avana a Presidente del Consiglio De Gasperi.

    78. "Pregola ringraziare codesto Governo per amichevoli coraggiose dichiarazioni fatte dal suo rappresentante a Conferenza pace. Atteggiamento Cuba ha suscitato interprete nostro vivo apprezzamento per generoso provvedimento costì adottato nei riguardi persone e beni italiani". DDI, Vol. IV, 13 luglio 1946 — 1 febbraio 1947), Roma, IPZS, 1994, doc. n. 208, 24 agosto 1946, da Presidente del Consiglio a ministro all'Avana.

    79. Il segretario agli Esteri Prunas, nel settembre del 1946, comunicò a Scaduto Mendola che "le speranze che la Conferenza dei Ventuno possa modificare a nostro favore il progetto di trattato di pace redatto dai Quattro, si fanno sempre più evanescenti. È ormai chiaro che i Quattro non intendono mettere a repentaglio l'accordo fra di essi faticosamente raggiunto nello scorso giugno e che risulta soprattutto da un compromesso fra gli interessi loro e non da una equa valutazione degli interessi e dei nostri diritti. Le stesse proposte di modifiche a noi favorevoli avanzate da delegazioni amiche, si trovano quindi sistematicamente bloccate non potendosi quasi mai raggiungere a loro sostegno il numero dei voti stabilito perché possano essere approvate o perlomeno considerate come raccomandazioni". DDI, Vol. IV, 13 luglio 1946 — 1 febbraio 1947), doc. n. 323, 18 settembre 1946, da Ministero Affari Esteri a Legazione all'Avana.

    80. Questi Paesi erano: Unione Sovietica, Regno Unito, Stati Uniti, Cina, Francia, Australia, Belgio, Bielorussia, Brasile, Canada, Cecoslovacchia, Etiopia, Grecia, India, Olanda, Nuova Zelanda, Polonia, Ucraina, Sud Africa, Yugoslavia.

    81. Nella bozza del trattato l'art. 77 corrispose poi all'art. 88.

    82. B. CIALDEA, M. VISMARA (a cura di), Documenti della politica italiana: Trattato di pace con l'Italia, Roma, Edizioni Politica Estera, 1947; R. RAINERO, Il trattato di pace delle Nazioni Unite con l'Italia, Bologna, Cisalpino, 1997.

    83. DDI, Vol. IV, 13 luglio 1946 — 1 febbraio 1947), Roma, IPZS, 1994, doc. n. 414, 18 ottobre 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri e doc. n. 464, 1 novembre 1946, da Legazione all'Avana a Ministero Affari Esteri.

    84. DDI, Vol. V, 2 febbraio — 30 maggio 1947, Roma, IPZS, 1997, doc. n. 217, 18 marzo 1947, da Ministro degli Esteri a Legazione all'Avana.

    85. DDI, Vol. IV, 13 luglio 1946 — 1 febbraio 1947), Roma, IPZS, 1994, doc. n. 499, 11 settembre 1946, da Ministero Affari Esteri a Legazione all'Avana.

    86. "La Repubblica italiana e la Repubblica di Cuba, animate dal desiderio di terminare formalmente lo stato di guerra che esistette tra le due Nazioni e di rinsaldare le relazioni di amicizia che tradizionalmente le hanno unite, relazioni di amicizia cui Cuba ha dato rilievo sostenendo nella Conferenza riunita in Parigi per le trattative di pace che si concedessero condizioni eque e giuste all'Italia e, liberando tutti i beni dei cittadini italiani con decreto 17 luglio 1946, hanno deciso di concludere un Trattato di Pace e a tal fine hanno nominato i Plenipotenziari sottoscritti i quali, dopo essersi scambiati i pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma, hanno convenuto sugli articoli seguenti: art. 1: si dichiara cessato lo stato di guerra che esistette tra l'Italia e la Repubblica di Cuba; art. 2: La Repubblica Italiana rinuncia a far valere ogni reclamo del governo o dei nazionali italiani contro la Repubblica di Cuba o i suoi nazionali, per atti derivanti dallo stato di guerra dopo il 1 settembre 1939; art. 3: La Repubblica di Cuba a sua volta rinuncia a far valere ogni reclamo del governo o dei nazionali cubani contro la Repubblica Italiana o i suoi nazionali, per atti derivanti dallo stato di guerra dopo il 1 settembre 1939; art. 4: Gli accordi bilaterali esistenti tra l'Italia e Cuba continuano ad essere in vigore; art. 5: Il presente trattato sarà ratificato ed entrerà in vigore con lo scambio delle ratifiche che avrà luogo all'Avana il più presto possibile". Gazzetta Ufficiale, n. 300, 30 dicembre 1947.



Pagina inviata da Francesco Tamburini
(12 marzo 2007)


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