Cuba

Una identità in movimento


Studiosi marxisti militanti a convegno ad Halifax sulle pratiche della transizione e la crisi

Redazione di Nuestra América


Convegno di HalifaxSi è svolto a fine ottobre in Canada, presso l'università di Halifax, un convegno internazionale a cui hanno partecipato studiosi marxisti di tutto il mondo; tra gli altri, James Petras, Walden Bello, il cubano Nelson Valdes e dall'Europa Tom Brass, Rita Martufi — ricercatrice del centro studi Cestes — e Luciano Vasapollo — docente dell'università La Sapienza di Roma e Direttore di Nuestra America; il convegno è stato organizzato dalla cattedra di Teoria dello Sviluppo Critico del prof. Henry Veltmeyer.

L'aspetto che ha attirato il nostro interesse riguarda proprio i partecipanti: intellettuali marxisti militanti.

Ne abbiamo parlato con Luciano Vasapollo e Rita Martufi che ci hanno confermato come la linea di demarcazione del convegno partisse dal presupposto che oggi nel mondo ci sono moltissimi intellettuali marxisti il cui lavoro egregio di riflessione ed analisi, spesso — soprattutto in Europa — non ha a che vedere però con la pratica dei movimenti sociali, a differenza di quanto accade agli intellettuali invitati al convegno per i quali Marx ha senso se serve


"... per mettere le mani all'interno delle dinamiche della lotta di classe, delle diverse articolazioni del conflitto capitale-lavoro".


Si tratta quindi di dare un senso alle teorie, alla teoria dello sfruttamento, alla teoria del valore lavoro, ma partendo dalle ragioni del materialismo storico che hanno come riferimento sostanziale la pratica della lotta di classe; quindi l'attualizzazione del pensiero marxista deve confrontarsi con le ipotesi anticapitaliste reali e di transizione al socialismo in campo.

Una prima riflessione riguarda, come sottolineato in particolare nella relazione di Brass, le difficoltà che si incontrerebbero in Europa nell'organizzare in una università un convegno sulle pratiche della transizione e l'analisi della crisi economica, cosa che invece si riesce a fare nelle università canadesi o statunitensi, anche se poi docenti che cercano di coniugare la pratica politica in coerenza con le elaborazioni teoriche, come d'altra parte avviene qui in Italia e in Europa, vengono assolutamente emarginati.

Se il ruolo degli intellettuali è stato uno dei temi di partenza del convegno, è sull'analisi della crisi che ci si è maggiormente concentrati anche per capire quali sono le risposte che il movimento di classe internazionale è tenuto a dare. Tutti i relatori hanno concordato sul fatto che quella in atto è una crisi sistemica che rappresenta la chiusura dell'epoca capitalista, nel senso che le ragioni economiche, sociali, culturali ed emancipative del capitalismo si sono chiuse. Ma spesso le risposte trovano i limiti dei movimenti sociali, come questi si esprimono e, soprattutto, la differenza tra movimento sociali ed organizzazione di classe. La differenza non è banale; l'organizzazione di classe, infatti, si pone sul terreno della rappresentanza politica della classe e dei percorsi della trasformazione per il superamento del modo di produzione capitalistico, quindi non solo sul terreno dell'antimperialismo, ma anche su quello dell'anticapitalismo. Il problema quindi rimane sempre quello della soggettività politica in grado di muoversi sul terreno della trasformazione radicale.

La parte finale delle sessioni di lavoro ha poi riguardato le ipotesi anticapitaliste in campo e i problemi della transizione; chi si muove oggi, pur in modo differente e con diverse articolazioni e contraddizioni, sul terreno di un modello altro ma anticapitalista? Inevitabilmente si arriva a parlare dei processi di transizione in atto in America Latina, di Cuba — il sociologo Valdes ha tenuto una relazione proprio sulle riforme in campo e sulla pianificazione — Bolivia e Venezuela. L'analisi della pianificazione, dei modelli economici di questi paesi ne ha anche individuato i limiti e le prospettive.

Non sono stati, ci racconta Vasapollo, dibattiti da "ideologia del tifo politico" ma di approfondimento teorico e pratico sui problemi della transizione e su quanto si sta realizzando. Quindi nessun legame romantico con un continente certo affascinante, ma concretezza della politica e di quello che può servire da noi per non vivere di difficile presente ma di prospettiva reale da costruire, comprendendo e contestualizzando gli aspetti della lotta di classe in America Latina; solo così si può pensare al nostro futuro anche nei paesi a capitalismo maturo in termini di prospettiva reale, di programma per andare più in là della solidarietà politica internazionalista e vivere la nostra esperienza politica come parte di una dimensione internazionale dell'anticapitalismo e delle ipotesi socialiste in campo.

Quello che è emerso nel convegno sull'analisi della situazione europea e degli altri poli imperialisti è la chiusura di un ciclo, il ciclo delle organizzazioni storiche del movimento operaio, basti pensare al Partito Comunista Italiano o a quello francese, ai grandi sindacati storici; chiusura che si deve certo alle capacità del capitalismo: la rottura dell'unità di fabbrica, le esternalizzazioni, il precariato, l'uso indiscriminato della forza lavoro immigrata, la rottura dell'unità politica dei lavoratori; ma non si devono dimenticare i compromessi, la concertazione, l'accettazione di un terreno collaborativo che hanno creato uno scollamento dalle condizioni di classe.

In America Latina, invece non c'è solo in corso un processo di integrazione per un percorso di autodeterminazione ma oggi è proprio nella Nuestra America che si sta giocando la partita a livello più alto del conflitto capitale — lavoro e non solo con connotati antimperialisti ed antiliberisti ma con una caratterizzazione fortemente di classe e con tutti i contenuti, diversificati e contraddittori, ma propri della transizione socialista.

Ciò assume un significato fondamentale anche qui ed ora, sottolineano Martufi e Vasapollo affinchè possano riprendere da parte nostra con tutta la necessaria passione gli studi e le elaborazioni teoriche su crisi del capitale e costruzione del socialismo, coniugando all'attività concreta della pratica politica, l'idea forte della costruzione dell'organizzazione di classe per il superamento del modo di produzione capitalista e quindi dei rapporti di produzione, di quelli politici e sociali. Proprio così, anche nelle miseria di una Europa imperialista dove la sinistra radicale non esiste e non sa più neppure proporre sterili programmi riformisti,si può articolare l'analisi per la trasformazione socialista, se serve anche mettendoci tutti in discussione rispetto alle convinzioni assolute del passato e cercando percorsi innovativi, proprio studiando, cercando il confronto fra noi e non chiudendoci nelle specificità e perdendo l'indirizzo programmatico complessivo del lavoro politico.

Le relazioni in particolare di Rita Martufi, ad esempio, hanno sottolineato l'importanza del ruolo del sindacato di base, un sindacato di classe che interpreta la dinamica del conflitto di classe.

Anche in questo torna l'esperienza dell'America Latina. Pensiamo ad esempio al movimento Zapatista che tanto ha suggestionato i movimenti europei proprio in quel trasformare il mondo senza prendere il potere ma che non ha determinato trasformazioni reali; quando un movimento sociale, anche radicale, non si pone il problema dell'organizzazione di classe e di come agire per poi prendere il potere, resta un movimento con le sue ciclicità, i suoi alti e bassi. L'America Latina oggi, ben lontana da essere un laboratorio dei movimenti o un grumo di romanticismo e sentimentalismo, rappresenta una serie di ipotesi politiche sulla strategia che si deve dare l'organizzazione di classe, l'organizzazione marxista e comunista, le ipotesi insomma della transizione. Si tratta naturalmente di una transizione lunga e con molti ostacoli, basti pensare alle reazioni del capitalismo a fronte della nazionalizzazione delle risorse petrolifere.

Quello che si sta oggi realizzando in America Latina, con modelli diversi, come sottolineato da tutti i relatori del convegno, è un'ipotesi di transizione dal capitalismo al socialismo; tenendo sempre presente che la transizione significa il passaggio da una società basata sull'accumulazione del capitale, sulla privatizzazione dei mezzi di produzione, ad una società in cui si dà un ruolo alla socializzazione dei mezzi di produzione, alle nazionalizzazioni, alle redistribuzioni. Pur se la nazionalizzazione non è di per sé elemento di socialismo, si entra nel terreno del socialismo quando oltre alla nazionalizzazione si dà un ruolo alla socializzazione delle forze produttive.

Questo si sta sperimentando in America Latina è per questo che è insufficiente parlare di laboratorio e di resistenza, ma bisogna capire la concretezza di un processo vero, reale e quindi complesso,contraddittorio, a cui dovremmo assolutamente dedicare più tempo e più energie, più studi e riflessioni collettive, più risorse organizzative, come hanno sottolineato nel convegno Petras, Veltmeyer, Vasapollo e altri. Quindi, non si tratta di un semplice settore di intervento politico-culturale, si tratta di un libro e di una pratica aperta sul che fare, sul nostro che fare; anche l'analisi teorica più concretamente marxista ad esempio si sta sviluppando proprio lì. E allora ecco che diventa chiaro che nella Nuestra America è in atto una vera offensiva, e non resistenza, delle forze di classe contro il capitalismo e nella costruzione delle dinamiche della transizione al socialismo, e quindi del Socialismo nel, e non del, XXI° Secolo.

Non capire questo, hanno sottolineato i diversi intellettuali militanti ad Halifax e quanto ciò ci riguarda direttamente qui ed ora significa non avere la cognizione nemmeno della partita che è in gioco, di come uscire dall'empasse, di come stare nella crisi del capitale, di quale è la nostra concreta pratica della proposta politica.







Pagina inviata da Luciano Vasapollo
(2 novembre 2009)


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